Nel 2024, l’economia italiana mostra dinamiche contrastanti: da un lato, le famiglie incrementano la propensione al risparmio, dall’altro le imprese registrano un calo significativo dei margini di profitto. Questi trend emergono dai conti nazionali dei settori istituzionali, aggiornati dall’Istat, che offrono una lettura dettagliata del processo economico attraverso i comportamenti di famiglie, imprese e istituzioni pubbliche.
Il reddito disponibile delle famiglie cresce del 2,7% rispetto al 2023, trainato da un aumento del potere d’acquisto (+1,3%). Nonostante la spesa per consumi finali salga dell’1,7%, la propensione al risparmio raggiunge il 9,0%, in crescita dall’8,2% dell’anno precedente. Parallelamente, gli investimenti familiari subiscono un ridimensionamento: il tasso scende al 9,3% (dal 10,2% del 2023), segnando una maggiore cautela nell’allocazione delle risorse.
Un dato critico è il crollo dell’accreditamento (capacità di finanziamento) delle famiglie, che si avvicina allo zero, con una perdita di oltre 54 miliardi di euro rispetto al 2023. Questo fenomeno è legato alla fine degli incentivi pubblici per gli investimenti immobiliari, evidenziando quanto le politiche redistributive influenzino i comportamenti economici.
Il settore delle società non finanziarie affronta un anno complesso: il tasso di profitto scende al 43,3% (dal 46,1% del 2023), principalmente per il calo del risultato lordo di gestione (-5,2%), non compensato dalla modesta crescita del valore aggiunto (+0,9%). Anche il ridimensionamento dei contributi pubblici agli investimenti ha pesato, portando l’accreditamento del settore a 35,6 miliardi di euro (-27,8 miliardi rispetto al 2023).
Stabile, invece, il tasso di investimento (22,0%), segno che le aziende mantengono una certa capacità di reagire alle difficoltà. Diverso il quadro per le società finanziarie, il cui saldo migliora a 48,6 miliardi di euro (+4,7 miliardi), grazie alla dinamica positiva dei redditi primari.
Il settore pubblico registra un importante alleggerimento del deficit: l’indebitamento si riduce di circa 79 miliardi di euro, portandosi a -75,5 miliardi (-154,3 miliardi nel 2023). Un risultato frutto di politiche di contenimento della spesa e di una migliore gestione delle risorse, sebbene permangano criticità strutturali.
La posizione all'estero del Paese resta in attivo (+19,2 miliardi di euro), sostenuta dal miglioramento del saldo commerciale, che compensa il calo dei trasferimenti in conto capitale dall’estero. Questo dato conferma la resilienza del sistema produttivo italiano, nonostante le pressioni sui margini aziendali.
I conti istituzionali dimostrano che il processo economico è un intreccio di scelte individuali e politiche pubbliche. La formazione del reddito, la sua redistribuzione e l’allocazione tra consumo e risparmio riflettono strategie contrastanti: le famiglie privilegiano la prudenza, le imprese affrontano sfide competitive, mentre lo Stato cerca di ridurre squilibri strutturali.
Quando il risparmio non basta a finanziare gli investimenti, subentra l’indebitamento, con conseguenze sulla stabilità finanziaria. Al contrario, un eccesso di risorse genera capacità di finanziamento, cruciale per la crescita futura.
Il 2024 si chiude con un quadro in chiaroscuro: la tenuta dei consumi e il miglioramento del deficit pubblico sono segnali positivi, ma il calo dei profitti aziendali e il ridimensionamento degli investimenti familiari sollevano interrogativi sulla sostenibilità della ripresa. La sfida per i prossimi anni sarà bilanciare politiche di sostegno al reddito con misure per rilanciare la produttività, in un contesto globale ancora incerto.
Fonte: Istat