Cosa insegna questa polemica nata dal mancato invito della maldestra cena organizzata in fretta e furia da Marcon a Parigi con Scholz e Zelensky, prima del Consiglio Europeo di Bruxelles?

Non certo come dicono entusiasticamente (incredibile a che punto può arrivare la cecità e lo scarso senso patriottico di certa sinistra ) che la Meloni e il nostro paese siano isolati, anzi addirittura si potrebbe dire che questo sgarbo diplomatico dimostrerebbe il suo esatto opposto. E cioè che a rischiare di trovarsi isolato non è il nostro premier ma proprio il vanaglorioso Emmanuel Macron, che forse non ha ben valutato la forza e la risolutezza della nostra premier, che pare non certo disposta a mostrarsi troppo accondiscendente verso il suo omologo d’oltralpe.

D’altra parte, che il nostro paese da tempo sulla scena europea sia costretto in una posizione di relativa subalternità con Parigi e Berlino, appare cosa piuttosto acclarata. Anche quando a Palazzo Chigi sedeva il tanto autorevole Mario Draghi, è indubbio che sul piano internazionale, nel suo anno e mezzo al governo, abbia ottenuto poco o nulla, se non qualche contentino di scarso rilievo e qualche photo opportunity, come quella celebre su un treno diretto a Kiev, con Scholz e Macron, che non ha spostato di un centimetro il peso e l’autorevolezza del nostro paese (così come quello di Parigi e Berlino) nei delicatissimi equilibri internazionali dietro a questa assurda guerra in Ucraina.

Per non parlare del buon Giuseppe Conte, che non dimentichiamo è stato il presidente del Consiglio di una delle più gravi crisi diplomatiche proprio con la Francia di Macron, degli ultimi cinquant’anni, grazie al viaggio nel 2019 del suo vice premier Giggino Di Maio a Parigi ad omaggiare i gilet gialli. Per non parlare di Renzi e Gentiloni, che nei consessi internazionali facevano sempre la parte dei comprimari, e felici e contenti nel loro ruolo seguivano compiacenti quello che decidevano Francia e soprattutto Germania. Forse solo Silvio Berlusconi nei primi anni 2000, soprattutto grazie alle sue innate doti di eccezionale imbonitore, era riuscito a creare un rapporto privilegiato con i due grandi della terra, George W. Bush, presidente americano e Vladimir Putin presidente russo.

La Meloni che è anche presidente dell’Ecr, ha evidentemente rotto i fragili equilibri europei, dove l’assenza di una forte leadership come quella di Angela Merkel, ha evidenziato la pochezza e inconsistenza sia del suo successore Olaf Scholz, ma anche di quella del presidente francese Emmanuel Macron, che cerca disperatamente di ritagliarsi un ruolo nel campo internazionale, che nessuno sembra ormai più riconoscergli.

Gli Stati Uniti lo considerano sempre più come uno scomodo e fastidioso parvenu (a cui sembra non abbiano mai perdonato le sua fallimentari missioni a Mosca prima del conflitto). Vladimir Putin si è preso letteralmente gioco di lui, invitandolo a Mosca, per parlare di una sua possibile mediazione per non scatenare l’invasione in Ucraina, quando invece i primi missili diretti verso l’Ucraina erano già sulle rampe di lancio. È chiaro che allo smisurato ego del presidente francese, sia rimasto ormai solo il palcoscenico europeo, ed è per questo che ha cercato la sponda con Scholz (con il quale i rapporti erano stati praticamente nulli per mesi) per ricreare quel che era il vecchio baluardo dell’asse franco tedesco.

Ma l’avvento del nuovo premier italiano ha sicuramente scompaginato i suoi piani. Il grande attivismo della Meloni a livello internazionale con i suoi indiscutibili successi in Africa, che da sempre viene considerato come una quinta colonna francese da Parigi, anche se ormai la sua influenza sul continente è ridotta ai minimi termini, sono stati visti come una vera e propria minaccia per la leadership, sempre più ai minimi termini in patria, di Macron.

La risposta piccata a Macron della Meloni al suo arrivo a Bruxelles, al di là della narrazione di certa stampa italiana, è stata molto apprezzata da molti leader europei, che vedono con sempre maggior fastidio l’asse franco tedesco e il loro protagonismo a scapito degli altri 25 paesi europei. Pochi hanno notato i successi ottenuti sia sui migranti, con cui ha inaspettatamente trovato una sponda con l’olandese Rutte che sulla questione del PNNR. Ma soprattutto la Meloni ha dimostrato al contrario di molti suoi predecessori una capacità di affrontare ad armi pari sia Francia e Germania senza farsi sopraffare da quel solito provinciale senso di sudditanza, di cui anche l’autorevolissimo Draghi ha certamente subito gli effetti.

E’ singolare come certa stampa italiana e l’opposizione abbiano criticato il premier in un suo chiaro tentativo di mettere da parte le sue supposte idee sovraniste, che tanto le vengono rinfacciate, per promuovere un'Europa maggiormente unita di fronte invece ad un chiaro tentativo quello si di sovranismo di Francia e Germania, che da sempre perseguono i propri interessi spesso anche ai danni di altri paesi della Unione.

Ma come detto Macron non è la Merkel e mai potrà esserlo e questi suoi maldestri tentativi di sostituirla all’interno degli equilibri europei stanno avendo l’effetto di isolarlo sempre più in Europa, dove sta perdendo la sua naturale collocazione di leader dei paesi del sud e chiaramente viene guardato con sempre maggior fastidio da quelli del nord.

La sua posizione rimane quindi in mezzo ad un guado, incapace di conquistare a livello internazionale quella credibilità persa a livello interno, dove il suo grado di apprezzamento sta crollando ai livelli del suo disastroso predecessore Hollande. Infine il chiaro intento della Meloni, che grazie al suo fidatissimi Raffaele Fitto, è quello di realizzare quella coalizione tra ecr e popolari per arrivare nel 2024 ad una chiara maggioranza di centrodestra in Europa per spezzare gli attuali equilibri che certamente stanno facendo da anni il gioco di Francia e Germania.

Ed è per questo che il sempre più solo e disperato, Macron cerca in tutti i modi di screditare e indebolire la nostra premier. Ma forse il presidente francese non ha fatto i conti con la tenacia la preparazione e con l’autorevolezza di un premier che può, al contrario suo, contare su una maggioranza schiacciante in patria, e che mai come questa volta potrebbe far tornare il nostro paese ad essere nuovamente protagonista in Europa.