«M'hanno rimasto solo... e mi piacerebbe che Pippo tornasse.»

Così Gianni Cuperlo (Partito Democratico) commenta ironicamente l'addio al Pd di Renzi pubblicando una foto che lo ritrae insieme a "Matteo" e a Pippo Civati.

Cuperlo, dell'addio di Renzi non sembra certo disperarsi, piuttosto sembra interpretarlo come l'occasione per riunire di nuovo la sinistra sotto un unico simbolo, concetto tra l'altro dichiarato la scorsa domenica in una lettera inviata al direttore de L’Espresso.

Pippo, inteso come Civati, ha ringraziato Cuperlo e ha fatto capire che la cosa potrebbe anche essere fattibile, ma solo se il Pd inizi a comprendere quello che da Civati, correttamente, è stato indicato come il vero problema della politica italiana: il personalismo, di cui la vicenda Renzi è l'ultima lampante riprova.

Per Civati, questo modo "italiano" (ma non solo) di fare politica, una politica fatta soltanto di nomi e di collocazioni e ogni tanto anche di collocamenti, è molto piccolo e molto rischioso.

Pertanto, «il problema non è se Pippo torna a casa, ma se siamo ancora capaci di decidere dove vogliamo andare e dove vogliamo portare il nostro Paese. Quale casa vogliamo, per i nostri figli, soprattutto. Perché quella brucia, più del dibattito nel fu-centrosinistra».


Quella di Renzi, quindi, non è da considerarsi una scissione all'interno del Pd, ma un'opportunità per dare, finalmente, un'anima al Pd, in modo che sia identificabile come partito tramite programmi, obbiettivi, aspirazioni. Un partito che non sia il partito del leader di turno, ma un partito degli iscritti che possano identificarsi nei contenuti e non dedicarsi all'esaltazione di un capo popolo.

Sembra averlo perfettamente compreso anche il segretario Pd, Nicola Zingaretti, nell'intervista rilasciata al Corriere:«Ora il nostro compito è molto chiaro: bisogna portare nel futuro il Partito Democratico. Penso che sia un errore dividere il Pd, ma io garantisco e garantirò che è e rimarrà il luogo plurale di incontro e sintesi di pensieri diversi, per rappresentare e aiutare l’Italia che soffre e l’Italia che vince.Noi dovremo moltiplicare e differenziare i luoghi di aggregazione del partito. Non ci saranno più solo i circoli: dovremo innestare nel territorio e nella rete forme di partecipazione quotidiana.Rimettere al centro le persone, le loro idee e volontà. La nuova applicazione del partito digitale che presenteremo a fine mese e che permetterà alle persone di incidere nella vita interna del Pd serve proprio a questo.A novembre poi avremo un grande appuntamento nazionale per ridefinire i contorni e la qualità della nostra proposta politica al Paese.Siamo al Governo per realizzare con i fatti quella svolta che l’Italia si aspetta. Cioè riaccendere l’economia italiana, promuovere davvero la rivoluzione verde, tornare a creare lavoro, lottare contro le diseguaglianze, investire per innovare nelle imprese, nelle infrastrutture e nella conoscenza, semplificare l’Italia. Sì, dobbiamo essere noi a condizionare gli anni Venti di questo secolo. Dovranno essere gli anni della liberazione delle persone attraverso un modello di sviluppo nuovo fondato sulla sostenibilità ambientale e sociale.»


E che quella di Renzi non sia tanto una scissione, quanto una liberazione per il Partito Democratico lo fa capire anche Pierluigi Bersani: «Imbarazzo a sedermi in una riunione di maggioranza con Renzi? Ma io non ne ho mai avuto! È lui che non si sedeva mai! Abbiamo avuto un segretario del Pd che si faceva la sua fondazione, il suo appuntamento di corrente: non è che gli altri non si sedevano, non si sedeva lui!»

Adesso il Pd non ha però più scuse per approfittare dell'occasione per diventare un partito "normale", che rappresenti gli interessi degli elettori e non più quelli dell'ennesimo renzi di turno.