Helicobacter pylori: una minaccia a livello globale in diminuzione ma ancora rilevante
Con una prevalenza che coinvolge circa la metà della popolazione mondiale, l’infezione da Helicobacter pylori (H. pylori) rappresenta una delle principali condizioni sanitarie globali. Nonostante un trend di diminuzione negli ultimi anni, l’impatto sulla morbilità e mortalità rimane significativo, rendendo fondamentale la comprensione e la gestione di questa infezione.
Tra il 2014 e il 2020, la prevalenza globale dell’infezione da H. pylori è diminuita dal 50-55% al 43%, grazie al miglioramento delle condizioni socioeconomiche, igieniche e agli interventi terapeutici come l’uso degli antibiotici e le terapie di eradicazione. Tuttavia, questa percentuale varia ampiamente in base a fattori quali etnia, stato socioeconomico, regione geografica e condizioni igieniche.
Le zone rurali registrano tassi di infezione più elevati rispetto alle aree urbane sviluppate, e i dati indicano che l’infezione è frequentemente acquisita durante l’infanzia, spesso prima dei 10 anni, con una persistenza per tutta la vita. Ad esempio, un’indagine nei primi anni 2000 ha mostrato che l’incidenza grezza dell’infezione era del 2,1% tra i bambini di 4-5 anni, scendendo progressivamente allo 0,3% nei giovani adulti di 21-23 anni.
Geograficamente, la prevalenza negli adulti è più alta in Africa, nel Mediterraneo orientale, in Russia, in America centrale e in Sud America. Nei bambini, invece, è generalmente inferiore rispetto agli adulti, tranne che in alcune regioni come l’Africa e il Mediterraneo orientale, dove i tassi sono simili per entrambe le fasce d’età.
L’infezione da H. pylori avviene principalmente attraverso la trasmissione interpersonale, spesso all’interno delle famiglie, con un ruolo predominante delle madri nei confronti dei figli piccoli. Le vie di trasmissione più probabili includono il contatto gastro-orale o orale-orale, mentre la trasmissione fecale-orale sembra meno rilevante nei paesi sviluppati.
L’infezione da H. pylori è responsabile della maggior parte delle ulcere duodenali e di circa due terzi di quelle gastriche. Questa correlazione, scoperta da Robin Warren e Barry Marshall, è valsa ai due scienziati il Premio Nobel per la Medicina nel 2005. Si stima che circa il 10% delle persone infette sviluppi un’ulcera peptica nel corso della vita. Dopo 10 anni di infezione, il rischio di ulcera peptica aumenta all’11%, rispetto all’1% delle persone non infette.
I ceppi cagA-positivi di H. pylori sono particolarmente pericolosi, aumentando di 18,4 volte il rischio di ulcera duodenale e di 2,9 volte quello di ulcera gastrica.
Oltre alle ulcere, l’infezione è un importante fattore eziologico per il tumore gastrico. Si stima che circa il 90% dei casi di tumore gastrico, inclusi linfomi non-Hodgkin a localizzazione gastrica, sia attribuibile a H. pylori. Nel 2018, sono stati registrati 812.000 tumori gastrici, rappresentando il 37% di tutte le neoplasie causate da infezioni croniche. Questo rende H. pylori il patogeno cancerogeno più comune.
La diminuzione globale della prevalenza dell’infezione da H. pylori è un segnale positivo, ma la sua distribuzione disomogenea evidenzia la necessità di interventi mirati, soprattutto nelle aree a basso reddito e nelle comunità rurali. La diagnosi precoce, il trattamento tempestivo e il miglioramento delle condizioni igieniche sono fondamentali per ridurre ulteriormente l’impatto di questa infezione sulla salute globale.