Dopo che nel 2015 una parte delle sanzioni internazionali sono state eliminate in seguito all'aver rivisto la propria politica relativa all'arricchimento dell'uranio, l'Iran ha potuto riprendere a vendere il suo petrolio, riempiendo il portafoglio pubblico con una liquidità che gli ha consentito di riaffacciarsi, militarmente, alla ribalta internazionale con una notevole presenza di milizie in Siria e l'acquisto di nuovi aerei.

Ma il "benessere" statale non ha però raggiunto la popolazione iraniana. L'inflazione nel Paese è a due cifre e, ultimamente, prodotti alimentari di largo consumo come ad esempio uova e pollame hanno subito incrementi di prezzo intorno al 40%.

A questo, va aggiunto il fatto che il Governo del presidente Hassan Rouhani, considerato un moderato, non ha finora mantenuto la promessa di garantire la libertà di espressione come da lui dichiarato in campagna elettorale.

 


Giovedì, in varie parti dell'Iran, si sono registrare manifestazioni simili a quelle che si erano viste nel 2009, che avevano fatto seguito alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. I manifestanti hanno assalito e danneggiato banche ed edifici pubblici, scandendo slogan contro il leader supremo, l'Ayatollah Ali Khamenei.


Sabato notte, a Dorud, città nella provincia di Lorestan a poco più di 300 km a sudovest di Teheran, due manifestanti sono stati uccisi negli scontri. Il numero di persone finora arrestate in seguito alle manifestazioni è stato di circa 50.

Da segnalare anche il tentativo maldestro, se non ridicolo, da parte del Governo di riunire poche migliaia di persone, sabato a Teheran, per farle manifestare a favore di Rouhani.


Anche queste nuove proteste, come quelle del 2009, sembrano trovare linfa dall'azione degli studenti universitari. Pertanto, è facile prevedere che la repressione del regime iraniano inizierà a colpire da lì, ammesso che anche stavolta Teheran riesca ad arginare il malcontento.

In caso contrario, gli Ayatollah potrebbero ricorrere ad un altro classico per fermare le proteste: il nazionalismo. Sfruttando la tensione ai confini con la Siria, Teheran potrebbe provocare Israele che, a sua volta, non ha certo bisogno di essere incoraggiata nel ricorrere ad azioni militari, anche preventive, per qualsiasi attività si svolga nelle vicinanze dei propri confini, come dimostrano i raid delle scorse settimane in territorio siriano. Uno scontro militare con Israele potrebbe essere la leva cui Teheran potrebbe far ricorso se le manifestazioni dovessero continuare.

Senza dimenticare, che anche da parte del governo Israeliano potrebbe esserci analogo interesse perché ciò accada, per avere così un pretesto per risolvere militarmente il "problema" dell'Iran, l'unico paese, nell'area, che costituisce un problema all'attuale status quo imposto da Tel Aviv. Non a caso, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman, questo sabato, ha accusato Teheran di essere responsabile della fornitura di proiettili da mortaio recentemente lanciati da Gaza verso Israele.