Scorrendo la cronache parlamentari di oltre 60 anni di vita repubblicana si ha modo di appurare che solo tre governi hanno dovuto fare fagotto in pochi giorni non avendo ottenuta la fiducia delle Camere.

È capitato nella II legislatura al governo De Gasperi, rimasto in carica per 32 giorni, e sei mesi dopo al governo Fanfani, durato solo 23 giorni.

Nella V legislatura, invece, il governo Andreotti ha resistito per ben 130 giorni grazie a quella che viene ricordata come la “non sfiducia”, cioè la astensione dal voto di tutte le forze politiche ad eccezione della DC che invece votò la fiducia.  

Perché mai rispolverare questi episodi così lontani a poche ore dal secondo giro di consultazioni al Quirinale?

Perché nelle ultime ore alcune esternazioni di Salvini sembrerebbero mettere la pulce nell’orecchio sulla possibilità che domani i tre intrattenitori della ammucchiata di centrodestra, Berlusconi, Salvini e Meloni, propongano al presidente Mattarella di affidare loro l’incarico di formare il governo per presentarsi alle Camere ed ottenere la fiducia.

Se questa ipotesi, non del tutto peregrina, venisse confermata domani nella Sala alla Vetrata, sarebbe legittimo supporre che i tre marpioni, navigati tessitori di trame sottobanco, abbiano già in tasca intese in grado di assicurare loro il voto di fiducia.

Già, ma i numeri del solo centrodestra non sarebbero sufficienti!

Questo è vero, ecco perché è opportuno ripensare a quanto accadde nel 1972 con il governo Andreotti.

Il CDX, oggi, può contare su 260 deputati alla Camera e su 135 senatori al Senato, certamente non sufficienti per raggiungere il quorum di maggioranza.

Per contro, quasi certamente a non votare la fiducia alla Camera sarebbero 221 deputati pentastellati e 14 deputati LeU, cioè 235 voti contrari, mentre al Senato i voti contrari sarebbero 116, vale a dire 112 senatori M5S e 4 senatori LeU.

Ed è a questo punto che a menare le danze entrerebbe in scena il maneggione per autonomasia, Matteo Renzi da Rignano.

Il livoroso Renzi, infatti, ha sempre dato prova di essere disposto a vendere l’anima al diavolo pur di impedire al M5S di andare al governo, come peraltro conferma il tassativo rifiuto ad incontrare Di Maio che ha imposto a tutto il PD.

Quale occasione migliore, per l’intrigante rignanese, di segare ogni ambizione di Di Maio e del M5S obbligando i parlamentari PD ad astenersi dal votare la fiducia per mandare a Palazzo Chigi insieme a Salvini i portaborse del suo sodale Berlusconi?

In un colpo solo e con il beneplacito del Capo dello Stato l’Italia si troverebbe a conti fatti con il Nazareno Bis e con un governo legittimato dalla “non sfiducia”.