«A meno di mezz’ora da quando è stata data la notizia che la procura di Roma ha ricevuto alcuni documenti ulteriori dalle autorità egiziane, il governo ha preso una decisione grave: quella di rinunciare all’unico strumento di pressione per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni di cui l’Italia finora disponeva. Ora tocca al governo dimostrare che questa mossa temeraria può servire davvero, com’è stato sostenuto, a ottenere ‘verità per Giulio’ e che non si tratti solo di una giustificazione maldestra della scelta di sacrificare i diritti umani sull’altare di altri interessi.» Quel che è certo è che Amnesty rimane al fianco della famiglia Regeni e che la battaglia per la verità per Giulio non si ferma

Così commentava il 14 agosto Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, la decisione del governo italiano di rimandare in Egitto un proprio ambasciatore, Giampaolo Cantini, dopo aver richiamato in Italia Maurizio Massari per la scarsa collaborazione dimostrata fin da subito dalle autorità egiziane nell'investigare seriamente per portare alla cattura dei responsabili dell'assassinio del ricercatore italiano Giulio Regeni.

Amnesty International, riferendosi alla decisione del governo italiano, parla di mossa temeraria, invitando il governo Geniloni a dimostrare che tale scelta possa realmente essere utile, com’è stato sostenuto, "a ottenere verità per Giulio". Inutile parlare dello scetticismo e dell'amarezza della famiglia Regeni per tale decisione.

Già di per sé tale scelta sembra sbagliata, ma lo è ancor di più dopo la pubblicazione di un articolo del New York Times del 15 agosto in cui si afferma che l'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi era stato informato dall'amministrazione Obama, una settimana dopo l'assassinio di Regeni, che la responsabilità di quanto accaduto era da attribuire alle forze di sicurezza egiziane e che i vertici del governo egiziano ne erano a conoscenza.

Il Dipartimento di Stato Usa e la stessa Casa Bianca hanno provveduto ad informare Renzi delle responsabilità dell'Egitto. L'unica omissione nell'informazione è stata quella relativa all'apparato di sicurezza coinvolto nel rapimento, nelle torture e nell'assassinio di Giulio Regeni. Questo per preservare la fonte da cui gli Usa avevano ricevuto la notizia.

E con questi presupposti che cosa ha fatto l'Italia? Dopo aver ricevuto la pecetta giustificativa da mostrare alla stampa nostrana per far vedere che l'Italia non era venuta meno alla sua coerenza con il ricevimento di nuove informazioni sulle indagini da parte della magistratura egiziana, subito Gentiloni ha ripristinato in toto le relazioni diplomatiche con l'Egitto.

Adesso, però, dopo l'articolo del New York Times - a cui comunque la libera stampa italiana non darà alcun risalto - Gentiloni si è trovato in braghe di tela, dimostrando la fragilità della scelta fatta dal suo governo.

Poco importa la giustificazione che gli affari persi dall'Italia siano stati l'occasione per altri paesi europei - ulteriore dimostrazione dell'inessistenza e dell'inutilità dell'Unione europea - di sostituirsi all'Italia nei rapporti economici con l'Egitto, quel che è certo è che Abdel Fatah al-Sisi, direttamente o indirettamente, è responsabile dell'assassinio di Giulio Regeni e che l'Italia continua a fare affari con l'Egitto di cui lui continua ad esserne il presidente.