Al Senato è iniziata in mattinata la discussione per la conversione in legge del cosiddetto dl Aiuti: decreto-legge n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina, già approvato dalla Camera.

Tra gli "aiuti", ve ne sono alcuni la cui logica non è ben chiara in relazione alle finalità iniziali del dl, come il finanziamento di un inceneritore da realizzare in una delle periferie della capitale. Il Movimento 5 Stelle, dopo aver inghiottito  nel passato diversi bocconi indigesti al proprio elettorato, stavolta ha puntato i piedi facendo presente che non avrebbe votato la fiducia per la trasformazione definitiva in legge del dl, per puntualizzare la sua posizione su alcuni aspetti del decreto. 

Per farlo i senatori pentastellati usciranno dall'aula, quindi non esprimeranno un dissenso sul Governo, ma solo sul decreto. Faranno cioè quello che hanno fatto circa un mese fa i senatori di Italia Viva quando sono stati chiamati a votare la riforma del CSM della Cartabia. Gli stessi che oggi, invece, accusano i 5 Stelle di volere la crisi, le elezioni anticipate e quant'altro... evviva la coerenza.

Inoltre, il ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà (Movimento 5 Stelle)  oggi ha proposto a Mario Draghi una scappatoia per evitare di porre la questione di fiducia sul dl Aiuti, votandone singolarmente i vari punti.  Ma il premier ha rifiutato, indicando come unica via percorribile la richiesta di fiducia, con le conseguenze del caso. 

Quali? È impossibile dirlo, visto che i numeri, perché il provvedimento passi anche senza i 5 Stelle, ci sono. Però, nonostante ciò, non è escluso che Draghi vada al Quirinale per rimettere il mandato, anche se tecnicamente non ce ne sarebbero le ragioni. Mattarella, a quel punto, potrebbe richiedere un voto di fiducia e in quel caso Draghi potrebbe vedersi costretto a continuare (poiché i numeri probabilmente ci sono) anche senza il M5s... anche se lui aveva detto che non avrebbe governato senza l'appoggio dei pentastellati. 

Come si vede, la situazione è alquanto caotica. Quel che è chiaro, però, è che la colpa di ciò che sta accadendo è comunque dei 5 Stelle... almeno così viene da tutti disegnata. Non una novità visto che da tempo in Italia tutto ciò che non va è sempre e solo colpa dei 5 Stelle, con gli altri partiti che si guardano bene nel farsi un esamino di coscienza, a partire dal Pd che, evidentemente, aveva intenzione di presentarsi al voto con i democristianissimi Renzi e Calenda, esperti in giravolte e coltellate, ma ben consapevoli che "pecunia non olet" e molto attenti a chi prestar attenzione nel licenziar provvedimenti... che a parole vengono descritti come utili ai più, ma che nei fatti portano vantaggi solo a pochi, e tra i pochi confindustria non manca mai. E tutto ciò, immancabilmente, nel nome della responsabilità.

La responsabilità nel prendere in giro gli italiani sempre e comunque. Se i 5 Stelle hanno iniziato a ricordarselo, con un movimento che sta diventando un partito strutturato non più composto da macchiette o attoruncoli alla Di Maio, senz'arte né parte, non è una jattura... tutt'altro. 

E ben venga la crisi (figuriamoci se si andrà al voto con quelli che lo auspicano che sono i primi a non volerlo) a fare chiarezza.