Qualche giorno fa ho dovuto sorbirmi l’ennesimo spot per una delle numerose raccolte di fondi per combattere la fame: il testimonial mostrava come una bustina di cibo preparata dalle case farmaceutiche poteva risolvere il problema, sottolineava che la pappa che veniva somministrato al bimbo conteneva sali minerali e vitamine sufficienti per il fabbisogno giornaliero. Quella scena mi ha proprio innervosito! Aveva omesso di dire il profitto stratosferico che realizzano le multinazionali che producono queste pappe. Per non parlare del vaccino per il covid che i vari governi hanno dovuto pagare a caro prezzo, gli inutili vaccini scaduti offerti ai governi africani gratuitamente, i medicinali scaduti  inviati per curare i malati gravi, la lista è infinita. Dove ci sono disgrazie e difficoltà c'è guadagno.

A Roma c’è la sede della FAO collocata in un complesso di edifici progettati nel 1938 che costò un patrimonio ai contribuenti italiani, oltre ai confortevoli uffici e alle ampie sale per i congressi è dotata di una bellissima terrazza panoramica. 

Dal 1945 - anno in cui divenne operativa - è preposta alla promozione dello sviluppo agricolo e della sicurezza alimentare, e nella lotta alla fame nel mondo. Testualmente: “la FAO sostiene i paesi nel raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (OSS) 2 delle Nazioni Unite per porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare per tutti, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile."

Ricercando le varie informazioni sono capitata nel settore compensi, sono anni che gli stipendi non sono stati rivalutati, l’attuale esecutivo ha avuto cura di alzare i compensi mensili solo ai militari (e la cosa personalmente ha destato un’ombra di intima preoccupazione).  Vediamo cosa ho trovato riguardo la FAO dove lavorano oltre 1600 funzionari e 2000 impiegati nei servizi generali.

Lo stipendio medio stimato di FAO of the UN varia da circa € 32.310 all'anno come Office Assistant (che svolge la sua attività nell'ambito delle pubbliche relazioni e della comunicazione, cura la versione inglese delle lettere indirizzate ai Ministri e ai Capi di Stato e revisiona i discorsi del Direttore Generale); un Executive Secretary (diretto collaboratore del direttore generale) percepisce circa € 119.950 all'anno.

La paga oraria media stimata di FAO of the UN per un consulente e di circa € 18, è di circa € 30 come Functional Analyst (responsabile dei processi di analisi per il raggiungimento degli obiettivi prefissati).

In Italia la FAO è stata uno strumento che è servito primariamente a fornire posti di lavoro ai raccomandati privilegiati, c’è da domandarsi che risultati ha prodotto una struttura come questa che agisce a livello mondiale da oramai ottant’anni. 

Prima di guardare fuori dai nostri confini, vediamo le statistiche che riguardano il nostro Paese.

Oltre 5,7 milioni di persone, pari al 9,7% della popolazione, vivono in condizioni di grave difficoltà economica, di cui 1,3 milioni sono minori. L'incidenza della povertà relativa è al 14,5%, coinvolgendo quasi 8,5 milioni di individui. Questi sono dati sottostimati e purtroppo destinati a salire. Vi posso dire per esperienza personale che la povertà e la morte per fame talvolta viene provocata volontariamente da individui privi di scrupoli per profitto o per puro fregio. 

Il continente che è al primo posto in questo triste primato è l’Africa con il 24,4% della popolazione; l’11,4 riguarda le popolazioni asiatiche. Il gravissimo fenomeno della denutrizione riguarda 256,5 milioni di africani contro i 515 milioni degli asiatici. Segue l’Oceania con il 7%.   In America Latina siamo al 6,1%, mentre tra Nordamerica ed Europa siamo sotto al 2,5%.

Anche  la FAO ha fissato l’obiettivo “Zero fame” nel 2030, non per essere disfattisti, ma credo che finirà come lo “Zero emissioni” fissate per lo stesso anno: è proprio vero che le strade per l’inferno sono lastricate da buone intenzioni!

Gli spots per la raccolta di fondi destinati a soccorrere le popolazioni affamate, malate, vittime delle guerre si susseguono incessantemente e fanno leva principalmente sulle sofferenze dei bambini. La fame è terribile a tutte le età; la morte per fame è agghiacciante: l’organismo privo di nutrimenti si cannibalizza, finiti i muscoli inizia a mangiarsi gli organi vitali: la fine è lenta e raccapricciante.

Questi spots non fanno vedere certo un’atrocità simile, sarebbe uno spettacolo che sicuramente “offenderebbe” la sensibilità degli spettatori: affrontare una verità del genere è difficile e ancora più difficile sarebbe conviverci. L’egoismo diffuso nelle società occidentali impedisce di andare oltre la donazione di alcuni euro che ha il potere di “lavarsi le mani” dal problema e delegarlo alle numerose fondazione e associazioni che si sostituiscono alla cattiva coscienza dominante. Spesso accade che dietro alla facciata di un atto di pietà si nascondono ipocrisia ed interesse personale che alimentano attività che nulla hanno a che fare con la compassione.

Prendiamo un esempio nostrano, la chiesa cattolica raccoglie ogni giorno in tutto il mondo fiumi di denaro esentasse e accetta donazioni di ben immobili da persone sole (e non): gli oboli dovrebbero essere destinati ai poveri ma non è così perché solo in minima parte viene impiegato per soccorrere i bisognosi. Coloro che con il loro egoismo provocano la fame parallelamente creano la cultura del disprezzo verso i poveri presentandoli come dei parassiti, incapaci e quindi falliti: questo “modus pensandi” viene diffuso subdolamente per inculcare nella collettività paura e ripugnanza al fine di giustificare la loro cattiva coscienza e crudeltà verso il prossimo.

Nei campi di sterminio nazisti le povere vittime venivano lentamente ridotte a dagli scheletri, poi gassate e bruciate nei forni per cancellare le prove dell’ingiustizia, delle loro sofferenze e della loro esistenza.

I due quesiti fondamentali – quello morale e quello giuridico - che si ripropongono sistematicamente nel quotidiano e dai quali scaturiscono questi fenomeni aberranti sono stati sciolti ma il potere economico, politico e militare rifiuta sistematicamente di attenervisi e così la maggioranza degli individui.

La Carta dei diritti fondamentali dell’uomo ha risolto il quesito giuridico che pone sia l’individuo che la collettività di fronte all’assunzione di responsabilità per la condivisione di comportamenti e fatti contrari al rispetto della dignità e della vita del singolo essere umano. La sacralità del singolo determina la sacralità della collettività, l’interazione di tale principio dovrebbe garantire il rispetto della vita e della dignità di tutti.

La Germania nazista aveva emanato leggi ingiuste e contrarie sia ai principi del diritto penale presenti negli ordinamenti giuridici di tutti gli altri paesi ma anche al suo stesso sistema giuridico. Al momento dei processi di Norimberga gli imputati invocarono la fedeltà alle leggi dello stato come scusante per scaricarsi dalle spalle ogni responsabilità per le atrocità commesse. In particolare i giudici dichiararono che erano chiamati ad applicare la legge senza considerare se fosse contraria alla giustizia. La legge non deve essere  usata come arma politica contro gli avversari politici, le minoranze etniche, i soggetti deboli e malati.

A mio avviso, vi fu anche una gravissima responsabilità - soprattutto morale - della maggioranza del popolo tedesco che condivise la scelta dell’emanazione e applicazione delle leggi raziali, la politica  di eliminare le popolazioni nomadi, gli ebrei, i malati, i dissidenti e, della restante parte dei cittadini, perché vi fu silenzio, indifferenza o accettazione passiva ma - e questo vale per tutti - non inconsapevolezza di quello che stava accadendo.

Il quesito morale è un problema individuale, siamo noi che dobbiamo colloquiare con la nostra coscienza, pensare e riflettere bene a ciò che facciamo e alle conseguenze che il nostro pensare, parlare e agire determinano nella vita dell'altro e, di conseguenza, anche nella nostra. Siamo chiamati a rispondere del nostro comportamento sia che ci crediamo o meno. Nel nostro quotidiano ci troviamo ad affrontare  problemi semplici o difficili, personali o  impersonali: sono queste le occasioni che la vita ci offre per fare del bene o del male a noi stessi o agli altri. Non siamo chiamati a salvare il mondo ma se possiamo aiutare il prossimo che si trova in difficoltà abbiamo l'obbligo di farlo: il "peccato" più ricorrente è l'omissione, lo commettiamo persino verso noi stessi quando ci rifiutiamo di affrontare  certe problematiche personali.

Se si ha il coraggio di guardare al di là della sofferenza e della morte delle vittime si scorge il lucroso business che si nasconde sulle disgrazie altrui. Concludo con l’spetto più pericoloso e tragico del fenomeno della povertà: da un lato questa comporta la perdita dei diritti elementari e della dignità, dall’altro lato suscita l’indifferenza e l’avversione da parte delle anime morte che si aggirano senza alcun scopo utile tra coloro che combattono la dura battaglia di vivere per salvare i sacri principi contenuti nella Costituzione e nell’anima umana.