Ieri è stata la giornata mondiale degli insegnanti. Spesso si svaluta l'importanza e la difficoltà dell'insegnamento, nonostante sia necessario rimanere severi sull'inadeguatezza del sistema scolastico a tutti i livelli, specialmente di quello universitario, nel conseguire la missione che gli è propria. E' un sistema che lo Stato ha quasi abbandonato a se stesso: togliendo sempre più risorse, riformando a caso, confondendo la didattica, inserendo attività ultronee che sviano verso il privato quelle già ridotte risorse, riuscendo quasi nell'impresa d'invertire ogni canone e principio pedagogico della formazione individuale.
In un sistema del genere come può un docente operare al meglio? Avvertire la propria missione e sentirsi motivato nell'impegno?
E' difficile. Eppure tantissimi insegnanti riescono a farlo, meritando almeno questo minimo tributo di una giornata a loro dedicata. Poca cosa, se non pochissima, rispetto alla corsa a ostacoli che sono costretti a fare per tenere in piedi una baracca che li disincentiva costantemente.
Bisogna crederci davvero alla propria missione. Molti insegnanti sanno che «l'istruzione non è la preparazione alla vita, ma è la vita stessa». Così diceva John Dewey, filosofo e pedagogista di grande spessore. Dev'essere senz'altro questa consapevolezza che muove il loro spirito rendendoli determinati a forgiare individui preparati e, soprattutto, consapevoli a loro volta.
L'Italia non è solo il paese con più ignoranti funzionali in Europa (almeno così dicono le statistiche), è anche un paese in cui si cura molto la cultura e l'intelletto. Sarà anche una minoranza - come in fondo è sempre stato - ma dobbiamo comunque ringraziare quella classe docente che ancora ci crede e s'impegna nello stimolare l'animo e il pensiero degli studenti.
Ci crede, nonostante tutto!
Se ci pensiamo bene non è poi una deriva formativa quella a cui assistiamo da qualche decennio, ma un'accresciuta e sacrosanta esigenza di aumentare la percentuale di cultura nell'intero paese. Di sicuro siamo andati molto avanti rispetto al passato, o anche solo al secolo scorso.
Ma non basta, ovviamente. Perché rispetto agli altri paesi siamo molto indietro. Ed è questa la vera “deriva”: non siamo al passo coi tempi e con la necessità di avere un grande numero di persone - possibilmente la maggioranza - con alta formazione, consapevolezza e capacità di critica.
Ecco perché dobbiamo sempre celebrare i docenti di buona volontà. Loro sono riusciti perlomeno a portarci un po' avanti nonostante tutto. Se poi non siamo avanti come dovremmo essere, allora dobbiamo puntare il dito contro il sistema: dobbiamo esigere una politica che metta tra le priorità la scuola. Personalmente ritengo che i servizi sulla salute e sull'istruzione debbano stare al vertice delle priorità politiche; e a tali temi andrebbero destinate le maggiori risorse economiche rispetto a qualunque altro capitolo di servizio e welfare.
C'è stato un altro importante pedagogista contemporaneo di Dewey, che citavo prima, e si tratta del russo Sergej Hessen, dal quale voglio trarre un'altra frase illuminante per chiudere quest'articolo: «La scuola non deve limitarsi all'istruzione, ma deve appoggiarsi su due colonne: il lavoro intellettuale e il gioco educativo».
Ecco, io penso che gli insegnanti che vanno celebrati, e non solo nella loro giornata mondiale, siano proprio quelli che lavorano incessantemente in questa direzione.
A loro dedico anche il bel dipinto del Correggio, dove vediamo Mercurio che si prende cura dell'educazione di un giovanissimo Cupido assistito dalla Venere alata. Con l'augurio che la simbologia porta con sé: un cupido ben istruito che colpisce al cuore accendendo anche l'amore per la cultura.