In un Paese dove mafie e corruzione la fanno da padroni, la politica esclude ancora una volta il tema dalla campagna elettorale.

Non mi pare, infatti, di aver letto o sentito parlare nessun candidato del come intenda affrontare il problema delle mafie e della corruzione che, purtroppo, incancreniscono il nostro Paese. Si torna a parlare di immigrazione.

Qualcuno quasi per scrupolo di coscienza affronta il tema della lotta alla criminalità organizzata in maniera generica, ma di fatto inutile.

In Italia abbiamo la criminalità organizzata tra le più potenti al mondo e siamo tra i Paesi più corrotti d’Europa, ma di mafie nessuno vuole parlare o proporre mezzi di prevenzione e contrasto seri.

La mafia si può sconfiggere, ma per farlo occorre  - come diceva Giovanni Falcone - che lo Stato  impegni in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.

In questa campagna elettorale mi sembra che questo impegno, perlomeno progettuale, non sia presente.

Sono convinto - non da ora - che le elezioni siano il momento più opportuno per fissare alcuni punti fermi della lotta alle mafie.

Cosa farà il futuro legislatore del 41 bis? Qual è la sorte del sistema delle confische antimafia? Quali sono i nuovi strumenti di lotta (preventiva e repressiva) che si adotteranno per combattere le nuove mafie?

Sarebbe interessante avere alcune risposte su questi temi preliminari.

 


Vincenzo Musacchio
, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.