Nel penultimo giorno del suo viaggio Apostolico in Myanmar, Papa Francesco dopo aver celebrato la messa nel Kyaikkasan Ground davanti a decine di migliaia di persone giunte da qualsiasi parte del Paese - un mezzo miracolo considerata la condizione sociale in cui vive la maggior parte di esse oltre alla carenza di strade e mezzi per muoversi - ha incontrato il Consiglio Supremo “Sangha” dei Monaci buddisti nel Kaba Aye Centre di Yangon, uno dei templi buddisti più importanti dell’Asia sudorientale.

Dopo l’intervento introduttivo di benvenuto di Bhaddanta Kumarabhivamsa, presidente del Comitato Statale Sangha Maha Nayaka, Francesco ha iniziato il proprio discorso salutando e ringraziando i presenti.

Ecco che cosa ha detto il Papa. «Il nostro incontro è un’importante occasione per rinnovare e rafforzare i legami di amicizia e rispetto tra buddisti e cattolici. E’ anche un’opportunità per affermare il nostro impegno per la pace, il rispetto della dignità umana e la giustizia per ogni uomo e donna. Non solo in Myanmar, ma in tutto il mondo le persone hanno bisogno di questa comune testimonianza da parte dei leader religiosi. Perché, quando noi parliamo con una sola voce affermando i valori perenni della giustizia, della pace e della dignità fondamentale di ogni essere umano, noi offriamo una parola di speranza. Aiutiamo i buddisti, i cattolici e tutte le persone a lottare per una maggiore armonia nelle loro comunità.»


Come già aveva fatto ieri durante l'incontro con le autorità locali, Bergoglio ha ribadito nuovamente la necessità di trovare un'intesa tra le varie comunità che vivono nel paese, richiamandosi ai valori di giustizia, pace e speranza. Anche in questo caso, qualsiasi riferimento alla comunità musulmana dei Rohingya era assolutamente sottinteso. Ed altrettanto lo è stato nel passaggio seguente.

«In ogni epoca, l’umanità sperimenta ingiustizie, momenti di conflitto e disuguaglianza tra le persone. Nel nostro tempo queste difficoltà sembrano essere particolarmente gravi. Anche se la società ha compiuto un grande progresso tecnologico e le persone nel mondo sono sempre più consapevoli della loro comune umanità e del loro comune destino, le ferite dei conflitti, della povertà e dell’oppressione persistono, e creano nuove divisioni. Di fronte a queste sfide, non dobbiamo mai rassegnarci. Sulla base delle nostre rispettive tradizioni spirituali, sappiamo infatti che esiste una via per andare avanti, una via che porta alla guarigione, alla mutua comprensione e al rispetto. Una via basata sulla compassione e sull’amore.»

Poi, Francesco ha voluto riconoscere la propria stima verso «tutti coloro che in Myanmar vivono secondo le tradizioni religiose del Buddismo. Attraverso gli insegnamenti del Buddha, e la zelante testimonianza di così tanti monaci e monache, la gente di questa terra è stata formata ai valori della pazienza, della tolleranza e del rispetto della vita, come pure a una spiritualità attenta e profondamente rispettosa del nostro ambiente naturale.»

E richiamandosi proprio alla spiritualità, il Papa ha auspicato che questa possa far sì che tutti si rendano conto dell'importanza di potersi «guardare dentro in profondità e di conoscere sé stessi in modo tale da riconoscere le reciproche relazioni che le legano a tutti gli altri. A rendersi conto che non possiamo rimanere isolati gli uni dagli altri ... per superare tutte le forme di incomprensione, di intolleranza, di pregiudizio e di odio.»

E per indicare questa strada, Bergoglio ha citato le parole del Budda estratte da un passo del Dhammapada, confrontandole con quelle di San Francesco d’Assisi: «Signore, fammi strumento della tua pace. Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, […] dove ci sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia».

E per raggiungere dei risultati negli sforzi di pace non sono solo i religiosi o le autorità dello Stato a doversi muovere, ma anche «l'intera società, tutti coloro che sono presenti all’interno della comunità, che devono condividere il lavoro di superamento del conflitto e dell’ingiustizia.»

In chiusura il Papa ha ricordato la disponibilità della Chiesa «in qualsiasi opera di incontro e di dialogo auspicando che buddisti e cattolici possano camminare insieme lungo questo sentiero di guarigione, e lavorare fianco a fianco per il bene di ciascun abitante di questa terra.»