Dell’undicesimo pacchetto di sanzioni anti-russe si discute già da marzo. Ma dopo mesi di trattative non si è ancora trovata, come si suol dire, la quadra. Due ordini di problemi hanno portato le proposte della Commissione a un punto morto.

Anzitutto, non è stato semplice per gli eurocommissari trovare altri prodotti o altri servizi la cui elargizione alla Russia andrebbe bloccata. Finora sono stati colpiti punti nevralgici dell’economia russa, come gli idrocarburi, ma invece di danneggiarla l’hanno solo costretta a trasformarsi, cercando ad esempio nuovi clienti per il suo petrolio.

Su una serie di articoli, poi, alcuni Stati membri non ne vogliono proprio sapere. Il Belgio non rinuncerà mai all’importazione di diamanti siberiani, anche se a parole condanna il Cremlino con i peggiori slogan. Così la proposta della Commissione si è indirizzata sul rafforzamento delle misure attualmente in vigore.

La pratica ha mostrato infatti che le sanzioni fanno acqua da tutte le parti, letteralmente quasi, perché con trasporto marittimo il petrolio russo arriva comunque nei porti europei. Ecco che Francia e Germania ora si mettono di traverso, poiché rischiano di rovinare definitivamente gli importanti rapporti commerciali con quei Paesi accusati di fare da tramite per gli scambi con la Russia.

Poi ci sono l’Ungheria e la Grecia che non hanno voglia di arretrare economicamente solo per favorire l’Ucraina, la quale ha inserito le loro aziende nel novero degli “sponsor della guerra”, penalizzandole.