Donald Trump non ce l'ha fatta. Nelle primarie repubblicane dello Iowa, o caucuses come le chiamano lì, la vittoria è andata al senatore del Texas, Ted Cruz, con un 27,7%, seguito da Trump con un 24,3%. Subito dietro, al terzo posto, il senatore della Florida Marco Rubio con il 23,1.

Fra i democratici, non è stato possibile stabilire un vincitore fra l'ex-segretario di Stato Hillary Clinton e il "socialista" del Vermont Bernie Sanders, che hanno ottenuto, rispettivamente, il 49,9% e il 49,5% dei consensi. In pratica un pareggio, come lo definito l'Associated Press.

La sconfitta di Trump poteva anche starci in uno stato come lo Iowa, che conta una forte rappresentanza della destra religiosa, di cui l'ultraconservatore Cruz incarna perfettamente l'immagine ideale. Per lui era quasi obbligatorio vincere. Il suo motto è: "Prima la Bibbia, poi la politica". Il distacco tra i due non è stato così netto da togliere le speranze di un successo finale al miliardario newyorkese.

Tuttavia, la sconfitta ha suscitato un certo scalpore, soprattutto per l'atteggiamento arrogante di Trump durante tutto il corso della campagna elettorale, giustificato, del resto, dai sondaggi, che lo davano, almeno per un lungo periodo, nettamente in testa. Ieri sera, allo Sheraton di Des Moines, Trump era un'altra persona. Nonostante si sforzasse di far buon viso a cattiva sorte, elargendo sorrisi a destra e a manca, aveva perso gran parte della sua sicumera.

Ma la vittoria di Cruz non è stata accolta benissimo fra i Repubblicani. Il senatore del Texas è in polemica con i vertici del suo partito, troppo spesso disposti, secondo lui, a scendere a compromessi. Le sue posizioni sono fortemente reazionarie: è contro l'aborto e i matrimoni fra persone dello stesso sesso, è favorevole all'uso delle armi, non approva i colloqui con l'Iran e Cuba. Con lui presidente, sarebbe abolita la riforma sanitaria di Obama. 

Non da sottovalutare il risultato del senatore della Florida Marco Rubio, terzo, subito dietro a Trump. Potrebbe rappresentare un'alternativa credibile a Cruz e Trump, soprattutto se potesse contare sull'appoggio di Jeb Bush, Chris Christie e John Kasich, gli altri candidati repubblicani, che in Iowa hanno ottenuto risultati così insoddisfacenti, da poter essere indotti al ritiro.

Sul versante dei democratici, il settantaquattrenne senatore del Vermont, Bernie Sanders, era già all'aeroporto, pronto per partire alla volta del New Hampshire, dove il 9 febbraio si terranno altre primarie. Ha dovuto rinviare la partenza ed ha tenuto il suo discorso in una sala da ballo dell'aeroporto di Des Moines. Ha esordito con una frase indirettamente rivolta ad Hillary Clinton: "Il popolo dello Iowa ha inviato il suo messaggio all'establishment. Ed è stato un messagio molto chiaro!"

Definirsi socialista non ha compromesso la corsa di Sanders, come speravano nel partito Democratico, dove in molti utilizzavano il termine per spaventare gli elettori ed orientarli verso la Clinton. In molti stati, potrebbe essere un problema per i candidati al Congresso o alla carica di governatori, presentarsi con l'appoggio di un candidato alla presidenza su posizioni radicali. Sanders ha detto chiaramente di essere contro il capitalismo, di voler combattere le diseguaglianze e di essere schierato contro i parrucconi di Wall-Street.

La mancata vittoria di Hillary Clinton è stata abbastanza sorprendente, soprattutto dopo che, in certi momenti, i sondaggi le avevano asssegnato un vantaggio del 30% su Bernie Sanders. La sua non sarà una marcia trionfale verso la nomination democratica, come forse aveva inizialmente sperato. Nel discorso che ha fatto seguito all'annuncio dei risultati, ha capito che l'elettorato è sensibile alle proposte del senatore del Vermont ed è arrivata a definirsi "progressista".