Anche per la Comunità di Sant'Egidio il fenomeno dell'immigrazione può essere una risorsa per l'Italia
Non solo il Partito Democratico pone la questione di trasformare in opportunità quello che per alcuni è invece solo un problema, se non addirittura il problema, che affliggerebbe l'Italia: l'immigrazione.
Partendo dall'attuale situazione di difficoltà che attraversa il Paese a causa della pandemia, la Comunità di Sant'Egidio, che da sempre opera concretamente a favore dei migranti, ha formulato alcune proposte che pone all'attenzione del governo italiano in vista del prossimo Consiglio europeo, per illustrare come poter trasformare in risorsa la questione migranti.
Lo ha fatto tramite una conferenza stampa che si è tenuta lunedì, dove il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, ha illustrato i seguenti suggerimenti:
ampliare e generalizzare la prassi dei corridoi umanitari promossi da ong accreditate presso i governi, con il coinvolgimento della società civile nell'accoglienza, per salvare vite umane, e contemporaneamente disincentivare i viaggi sui barconi e favorire l'integrazione;
reintrodurre le sponsorship private (per beneficiari nominativamente indicati che provengano da aree di crisi) che potrebbero essere consentite, oltre che alle ong accreditate, a imprese, famiglie di cittadini europei o di stranieri residenti di lungo periodo, purché in grado di assicurare idonee garanzie economiche;
ripristinare urgentemente i flussi d'ingresso regolari volti a favorire l'occupazione in settori strategici corrispondenti alla domanda del mercato per lavoratori specializzati e con particolare riferimento alle seguenti categorie di cui c'è carenza nel mercato italiano: infermieri, badanti, lavoratori agricoli, addetti nella filiera del turismo;
superare Dublino per risolvere la complessa dinamica dei movimenti secondari.
Queste proposte, secondo Impagliazzo, costituirebbero un argine per fermare il circolo vizioso di tutta una serie di problemi legati al mondo dell'immigrazione, da cui emerge principalmente quello relativo al sommerso, a cui si potrebbe facilmente porre fine tramite una regolarizzazione che avrebbe effetti positivi anche sull'entrate tributarie e quindi sul welfare italiano in generale.
Secondo la Fondazione Leone Moressa, nel 2019 in Italia erano 630mila gli stranieri privi di un regolare contratto di lavoro, in gran parte parte immigrati senza permesso di soggiorno che producono una ricchezza (non dichiarata) pari a 15 miliardi di euro, un punto di Pil.
Il lavoro nero causa per le casse dello Stato il mancato gettito fiscale di 7,2 miliardi di euro, mentre ammonta a 90 miliardi di euro il saldo passivo per le pensioni degli italiani.
"Abbiamo valutato - ha spiegato Marco Impagliazzo - quali sono i settori di maggiore difficoltà che avrebbero bisogno dell'apertura di flussi regolari di migrazione. Soltanto a Rimini mancano all'appello circa 7mila addetti tra camerieri, lavoratori d'albergo e assistenti degli stabilimenti balneari. Stesso scenario in Trentino e in Puglia. La maggiore piattaforma italiana di intermediazione lavorativa, LavoroTurismo.it, stima una carenza di personale del 20% per mansioni generiche e del 30% per quelle qualificate e ben retribuite. Nell'agricoltura, secondo Coldiretti, nelle campagne mancano 50mila addetti, soprattutto per la scadenza dei permessi di soggiorno degli immigrati.Nella sanità, secondo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), in Italia mancano più di 63mila infermieri.La presenza degli immigrati in Italia - ha dichiarato Marco Impagliazzo - non è da considerare un problema ma, se gestita in modo opportuno, una delle risorse che possono aiutare in modo decisivo il nostro Paese a ripartire dopo il duro colpo della pandemia e che risulta determinante per una più incisiva programmazione sociale, demografica ed economica".