L'economia del Niger è una delle più povere dell'Africa e, in generale, del cosiddetto "terzo mondo", basata sulla pastorizia e sull'agricoltura, ma a queste si sta affiancando l'industria mineraria, la cui risorsa principale è basata sull'estrazione e l'esportazione di uranio, a cui lentamente si stanno aggiungendo quelle di fosfati, oro e petrolio.
Altro fattore di interesse è la collocazione geografica della Repubblica del Niger, uno Stato senza sbocco sul mare, ma confinante al nord con l'Algeria e la Libia.
Da colonia francese, all'inizio del 1960 il Niger divenne uno Stato indipendente, salvo rimanere nell'orbita di Parigi, sia dal punto di vista dell'influenza culturale che economica.
La scorsa settimana, a seguito di un colpo di Stato, il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum è stato arrestato e confinato nel palazzo presidenziale, mentre al potere vi è una giunta militare supportata, pare, anche da elementi del governo destituito, con il ministro degli Esteri Hassoumi Massoudou, che sarebbe stato indicato come primo ministro.
Uno dei golpisti, il colonnello dell'esercito Amadou Abdramane, in risposta agli ultimatum della Francia e di alcuni Stati africani affinché il potere venga restituito nelle mani di Bazoum, ha dichiarato in un messaggio tv che tentativi stranieri di liberare il presidente deposto avrebbero provocato spargimento di sangue e caos.
Il colpo di stato militare in Niger ha fatto seguito a quelli nei vicini Mali e Burkina Faso degli ultimi due anni, con un diffuso sentimento antifrancese a fare da denominatore comune.
La Francia ha propri militari nella regione da oltre un decennio che finora avevano supportato il Niger a combattere gli insorti collegati ad al Qaeda e allo Stato islamico nel Sahel.
Domenica, i sostenitori della giunta hanno bruciato bandiere francesi e attaccato l'ambasciata francese presente nella capitale Niamey, distruggendo il posto di guardia, ma non violandone il perimetro. Alcuni manifestanti sono stati feriti alle gambe con colpi di arma da fuoco.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha successivamente dichiarato che qualsiasi attacco agli interessi francesi in Niger, comprese le aziende presenti nel Paese, avrebbe causato una risposta immediata e "senza compromessi".
La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale (ECOWAS, di cui fanno parte 12 Stati, compreso il Niger) ha annunciato sanzioni, aggiungendo che potrebbe autorizzare l'uso della forza se la giunta militare non reintegrerà il presidente deposto Bazoum entro una settimana.
Il presidente del Ciad, Mahamat Idriss Deby (stretto alleato della Francia), si è recato in Niger durante il fine settimana per aiutare a mediare la crisi e ha pubblicato sui social media una foto che lo mostra mentre incontra Bazoum e separatamente, Abdourahamane Tiani, cui si deve l'organizzazione del colpo di Stato. Deby ha dichiarato di aver discusso le possibilità "per trovare una soluzione pacifica".
Anche Europa e Stati Uniti hanno chiesto ufficialmente che i golpisti consegnino nuovamente il potere nelle mani di Bazoum. Una richiesta a cui oggi si è affiancata anche la Russia:
"Per quanto riguarda il Cremlino, stiamo monitorando la situazione in Niger, anche perché insieme ai partner africani siamo stati molto impegnati con gli sviluppi in quel continente la scorsa settimana. Naturalmente, la situazione è fonte di grande preoccupazione per Mosca, così come per tutti i partecipanti al vertice Russia-Africa", ha detto il portavoce Dmitry Peskov. "Chiediamo il ripristino dello stato di diritto in Niger il prima possibile, chiediamo moderazione a tutte le parti in modo che non ci siano vittime".
Una dichiarazione che sa di ipocrisia. Dopo il colpo di Stato, nella capitale Niamey, migliaia di manifestanti inneggiavano ai militari sventolando bandiere russe insieme a slogan pro-Putin e anti-Macron, mentre sono in molti a scommettere che dietro i golpisti vi sia il supporto della Wagner, il cui attivismo in Africa non è mai venuto meno anche subito dopo il "presunto" tentativo insurrezionale dello scorso maggio, a seguito del quale i suoi effettivi dall'Ucraina sono stati dislocati in Bielorussia e, adesso, minacciano i confini polacchi.