E adesso? Dopo la fiducia ottenuta in Parlamento, al governo Conte toccherà dar seguito alle promesse indicate nell'ormai mitico contratto.
Un'impresa non da poco, non solo per per un problema di coperture e di attese, ma per la dura opposizione della minoranza parlamentare, per lo scetticismo dei media e per le tagliole dell'Europa. A tutto questo, come se già non bastasse, c'è da aggiungere la poca sintonia politica delle due forze che compongono il governo che, in base a quanto si vede già adesso, è difficile credere che possa durare.
Nessuno afferma che Salvini e Di Maio stiano già litigando. Non è così. Ma il primo errore che stanno facendo è quello di non voler rinunciare alla guida politica di Lega e 5 Stelle. Mantenere il ruolo di guida dei rispettivi partiti, farà sì che entrambi non potranno abbandonare il linguaggio della propaganda, e questo non potrà certo essere un vantaggio per il governo, come hanno dimostrato alcune recenti gaffe di Salvini, il cui profilo Facebook continua ad essere riempito con proclami, comizi e notizie sui "neri" protagonisti in negativo di fatti di cronaca.
"Commercianti, partite IVA e imprese hanno bisogno di pace fiscale, flat tax, eliminazione di spesometri, redditometri, studi di settore e burocrazia" il mantra di Salvini che adesso è in sintonia con il mantra di Di Maio.
Ma il governo dovrà poi affrontare le questioni di Ilva, Alitalia, Tav in val di Susa, nomine Rai, oltre ad altre decine di questioni che si presenteranno di volta in volta e che non sono state definite nel "contratto".
E prima o poi si affacceranno alla ribalta e verranno riproposti temi che riguarderanno i diritti civili. Sarà possibile che in cinque anni un governo non affronti nulla al riguardo? E come potrà esserne l'approccio quando una forza politica come la Lega ha come proprio punto di riferimento l'Ungheria di Orban, un premier che non possiamo definire fascista solo perché nel suo Paese, in Ungheria, c'è una forza politica ancora più a destra di Fidesz, quella da lui rappresentata.
Difficile scommettere con certezza se il governo del cambiamento potrà o meno avere un futuro. A ben guardare, i temi che fanno da fondamenta ai due partiti appaiono tanto distanti da far ritenere poco probabile che la necessità di "fare il bene degli italiani" possa finire per prevalere sulle tentazioni di soddisfare gli interessi di bottega che l'andamento dei sondaggi sventoleranno sotto il naso di Di Maio e Salvini.
Specialmente quest'ultimo, ormai leader indiscusso del centrodestra, perché non dovrebbe mettere a frutto l'attuale stato di "affiatamento" con gli italiani, facendo cadere il governo per una questione di second'ordine, dopo avere approvato la manovra di bilancio, ed andare di nuovo al voto prima di varare provvedimenti dall'incerto futuro come la flat tax che finirebbero per fargli diminuire il consenso?
In quel caso, Salvini potrebbe pure fare il pieno di voti con una coalizione di centrodestra e guidare il Paese come meglio crede, senza dover sottostare alle "stravaganze" dei 5 Stelle.
Possibile che non ci abbia già pensato?