Nel dicembre 1993, su raccomandazione della Conferenza Generale dell'UNESCO, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò la Giornata mondiale della libertà di stampa e ogni 3 maggio essa viene celebrata in tutto il mondo. 

Il legame tra la libertà di cercare, diffondere e ricevere informazioni e il bene pubblico costituisce un elemento di vitale importanza per la democrazia oggi, come allora. Il tema di quest'anno, 'il giornalismo sotto l'assedio digitale', vuole mettere in evidenza i nuovi strumenti attraverso i quali  il giornalismo è messo in pericolo sia dalla sorveglianza e dal controllo indebito che dagli attacchi contro i giornalisti anche attraverso il digitale, e le conseguenze che tutto ciò ha sulla fiducia del pubblico nelle comunicazioni digitali. 

Nei Paesi in cui la libertà di stampa è garantita, i giornalisti hanno il diritto di lavorare in autonomia, senza autorizzazioni dall’alto, pareri politici e senza rischiare sanzioni disciplinari, amministrative o penali a causa delle informazioni rese e a prescindere dal mezzo di comunicazione prescelto (carta stampata, radio, televisione, web).

La libertà di stampa è sicuramente il parametro fondamentale con il quale si misura la democraticità di uno Stato e, infatti, dalla qualità e quantità di informazioni che circolano in un determinato luogo si può risalire alla sua forma di governo, quindi se si tratta di una dittatura o di un Paese libero. La libertà di stampa è uno dei diritti su cui si fonda lo Stato democratico e, per questo, ha rilievo costituzionale insieme al diritto alla salute, al lavoro e all’istruzione. Lo prevede l’articolo 21 della Costituzione Repubblicana in Italia che recita, è sempre bene ricordarlo : «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».

 Inoltre la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 la definisce come: «Libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni, uno dei diritti più preziosi dell’Uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge».

La libertà di stampa va di pari passo con il diritto di ogni cittadino di ricevere informazioni corrette e non controllate o influenzate dalla politica, cosa che, ad oggi, è negata in molti luoghi del mondo.

L’indice della libertà di stampa (Press Freedom Index), classifica annuale di 180 Paesi del mondo compilata e pubblicata da Reporter Senza Frontiere a partire dalle risposte degli esperti a un questionario somministrato dalla stessa Organizzazione, si basa sul grado di libertà che hanno i giornalisti e le organizzazioni di informazione nei diversi Paesi. I criteri di valutazione utilizzati nel questionario sono: il pluralismo, l’indipendenza e l’ambiente dei media, l’autocensura, il quadro legislativo, la trasparenza e la qualità delle infrastrutture per la produzione di notizie e informazioni. I dati qualitativi sono combinati con quelli quantitativi sugli abusi e gli atti di violenza subiti dai giornalisti durante il periodo di riferimento. Nel 2022 l’Italia occupa il cinquantottesimo posto su 180 paesi. L’Italia si colloca dopo la Macedonia del Nord con un peggioramento rispetto agli anni precedenti. I primi cinque posti della classifica sono di Norvegia, Danimarca, Svezia, Estonia e Finlandia.

In base ai dati dell’UNESCO Observatory of Killed Journalists, invece, tra l’inizio del 2016 e la fine del 2020, 400 giornalisti in tutto il mondo sono stati uccisi. Si tratta di una diminuzione di quasi il 20% rispetto al quinquennio precedente (2011-2015), durante il quale l’Osservatorio aveva registrato 491 omicidi. Secondo l’UNESCO, 55 giornalisti e lavoratori dei media sono stati uccisi nel 2021 in tutto il mondo, il numero più basso in oltre un decennio. Tuttavia, la tendenza al ribasso non è del tutto rassicurante: i dati raccolti dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Committee To Protect Journalists – CPJ) mostrano che le detenzioni di giornalisti sono aumentate a livello globale.

I giornalisti subiscono anche molte altre forme di violenza, incluso online, una dinamica che spinge molti di loro all’autocensura. Il dato generale di un decremento globale del numero di omicidi di giornalisti è in sé incoraggiante, ma la situazione varia notevolmente in base alle regioni. In particolare, Asia e Pacifico, Europa occidentale e Nord America  sono regioni in cui la situazione è peggiorata. Ancora più nel dettaglio, sia per quanto riguarda le uccisioni che le detenzioni, la maggior parte dei casi si verifica in meno di due dozzine di Paesi, mentre sono numerosi quelli in cui non vengono riportati casi di omicidio o reclusione. Inoltre, è importante ricordare che spesso, ma non sempre, le uccisioni sono perpetrate da attori non statali o si verificano in Paesi colpiti da conflitti armati. L’UNESCO sottolinea con preoccupazione che l’impunità per i crimini contro i giornalisti rimane “diffusa in modo allarmante”.

L’87% di tutte le uccisioni di giornalisti dal 2006 rimangono irrisolte, perché l’indagine è ancora in corso, il caso risulta irrisolto o non vengono fornite informazioni sulla procedura giudiziaria dallo Stato membro interessato. Da quando l’UNESCO ha iniziato a monitorare sistematicamente le uccisioni di giornalisti e i processi correlati nel 2006 fino al 31 dicembre 2020, un totale di 1.229 giornalisti sono stati uccisi. Di questi, solo 163 casi (13%) sono attualmente considerati risolti.