È uno di quei giorni in cui la penna vorrebbe correre veloce ma non sa esattamente dove andare. Il 25 novembre. Abbiamo dovuto istituire una giornata contro la violenza sulle donne. È questa l’aberrazione.

Come quando davanti al portone delle Chiese troviamo i cartelli entra nella casa di DIO se sei vestito in modo rispettoso. O al cinema, al teatro… si ricorda di silenziare i telefoni. In treno… non parlate ad alta voce con i vostri cellulari e usate il tablet ad un volume adeguato.

L’aberrazione sta nella nostra cultura sdrucciolevole, della quale ci ammantiamo, ci entusiasmiamo. Perché oggi cultura significa restare rinchiusi nel nostro piccolo recinto fatto di oggetti che ci fanno apparire, fatto di atteggiamenti dimentichi dell’altro, fatto di risentimento se qualcosa non va ma, raramente fatto di responsabilità, attenzione, riconoscimento dell’altro. Allora serve qualcuno che richiama l’ovvio, che sottolinei l’esigenza di…

Scusate se i paragoni possono sembrare poco calzanti o superficiali, vista l’importanza di questa giornata. Ma i ragionamenti sono ragionamenti e nessuno è poco importante. Siamo persi e ci stiamo perdendo nella cultura del niente, nella cultura del pressapochismo.

Sono donna e parlo da donna. Non c’è una trasmissione, una canzone, una pubblicità, un film che non veda la donna esposta a dover ascoltare e imparare come deve vivere da qualcuno, uomo, che pretende di saperne di più. La donna, l’angelo del focolare dei tempi andati. Ma ancora oggi angelo del focolare solo che nel paniere del focolare è compreso il lavoro, i figli, la casa, e tutto quel che comporta. E non rispondete che le cose sono cambiate. Non è così. O perlomeno, lo è, ma in piccola parte. La strada da fare è lunghissima ma, anche questa, è solo sulle spalle delle donne.

Gli uomini non se ne fanno carico. Loro stanno lì, frastornati dai cambiamenti, confusi su quel che dovrebbero veramente fare e non capiscono. Incerti e indecisi sulla convenienza. Lo capisco. Non c’è nessuna convenienza per loro. Perdono privilegi consolidati da anni di storia, diminuiscono le comodità garantite dall’essere semplicemente marito o compagno. Siamo ancora fermi all’uomo che porta giù la mondezza e si lamenta perché gli viene chiesto. Quando non la scavalca facendo finta di non vederla. È vero e lo ridico, tanti atteggiamenti sono cambiati. Ma quali importanti, quali di sostanza?

Ancora viene chiesto dal datore di lavoro se abbiamo figli o se vogliamo avere figli. L’esempio più lampante di chi siamo oggi è la nostra Comandante Samantha Cristoforetti. Appellata dai giornalisti Astro Samantha, Astro Mamma. E la domanda: e i suoi bimbi a chi li lascia per sei mesi? Non è stata fatta la stessa domanda agli uomini, di pari valore, che avrebbero intrapreso la spedizione con lei. Ecco chi siamo. Ecco la nostra società. Ogni santo giorno il telegiornale ci porta tristi notizie di sventure occorse alle donne per mano di uomini.

Uomini convinti di poter disporre di noi, del nostro corpo, della nostra mente, dei nostri pensieri, dei nostri desideri. Il disastro, la tragedia prende vita quando questi non sono più confluenti con quelli dell’uomo. Dobbiamo imparare a riempire i nostri vuoti interiori e trovare noi stesse, solo così saremo in grado di difenderci dalle dipendenze, di resistere al richiamo della coppia a tutti i costi per non stare soli. Se sappiamo stare soli allora sapremo anche individuare per tempo l’aggressività, la pretesa, la falsità che si nasconde dietro gesti che, nella debolezza, ci appaiono belli e consolanti.

Un giorno un uomo mi disse: a te non ti si può domare, sei troppo impegnativa! Perché mi si dovrebbe domare? Non calpestiamo il nostro temperamento, il nostro modo di essere e di voler vivere la vita per qualcuno, non vale la pena. Perdiamo tanto e guadagniamo pochissimo. La vita la dobbiamo vivere per noi. Restiamo chi siamo a costo di star sole. Se i nostri vuoti li abbiamo riempiti non saremo mai sole, saremo solo con le persone giuste.

Saremo con le persone che riconoscono il nostro valore, che vedono i nostri spessori, che ci apprezzano e ci sostengono nel nostro cammino. L’unione non è mutua assistenza, è conoscersi, riconoscersi e scegliersi tutti i giorni con il desiderio di crescere insieme i giorni della nostra vita. Tutto il resto non vale la pena.

Abbi Cura Di te.