La sostenibilità è la caratteristica di un processo, o di uno stato, che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente. In termini economici sarebbe quella sana gestione che consente di vivere dei proventi senza intaccare il capitale, finalizzata a soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di far fronte ai propri bisogni.

Il concetto di sostenibilità si sposa inevitabilmente con il concetto di equilibrio; equilibrio che è stato ampiamente compromesso.   

Quest’anno infatti l’Overshoot Day, il giorno in cui abbiamo esaurito tutte le risorse che la Terra è in grado di produrre e mettere a disposizione nell’arco di 365 giorni, è caduto il 2 agosto. Quindi già da una ventina di giorni ci stiamo allegramente mangiando il capitale, con buona pace delle generazioni future. 

A livello globale in pratica stiamo consumando l'equivalente di 1,7 Pianeti all'anno, cifra inquietante che dovrebbe salire fino a due pianeti entro il 2030, in base alle tendenze attuali. 

Di fronte a questi dati lo sforzo massimo che pare prodursi è quello di rallentare questo processo per non creare troppi danni a un sistema economico che proprio sulla crescita continua nella stessa direzione è basato. Il risultato potrebbe solo essere ritardare l’inevitabile, nella speranza che qualcosa accada o che “qualcuno” provveda. 

Sviluppo sostenibile non può infatti significare solo limitare le emissioni dannose, lo sfruttamento bulimico delle risorse naturali e del suolo, né tantomeno può essere confuso con “sviluppo sopportabile” dal punto di vista umano e sociale. La vera sfida dovrebbe essere quella di trovare nella azione di riparazione e ripristino di un equilibrio compromesso, forse ancora non del tutto, un nuovo modello economico più “intelligente”.