Si è tenuta il 5 Marzo all’Università Luiss di Roma, a cura della Fondazione Guido Carli, Governatore della Banca d’Italia, Ministro del Tesoro, Presidente della Confindustria e padre fondatore dell’Europa, a cui è intitolata l’Università stessa, una “Lectio Magistralis” sul Futuro dell’etica.
Tra gli altri hanno partecipato i vertici dell’università, la sindaca di Roma Virginia Raggi e Gianni Letta.
Obiettivo della fondazione e della sua Presidente, Romana Liuzzo, nipote di Guido Carli, sarebbe quello di introdurre nella nostra Costituzione e precisamente all’articolo 3, un comma sul diritto alla felicità, prendendo ad esempio la costituzione americana.
La Dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776 infatti recita all’articolo 1: “Noi teniamo per certo che queste verità siano di per se stesse evidenti, che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi Diritti inalienabili, che tra questi vi siano la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità”.
Tra l’altro questo ultimo richiamo è da attribuirsi a Gaetano Filangieri a cui era stata inviata la bozza e che sostituì il diritto alla proprietà con il diritto alla felicità.
Era questa l’epoca in cui l’illuminismo voleva rischiarare con la luce della ragione l’oscurità dei tempi precedenti, ma peccò di un eccessivo ottimismo, quando arrivò a pensare che lo Stato potesse garantire la felicità di tutti i cittadini.
La storia infatti ha poi dimostrato quanto invece gli stati hanno generato di infelicità ai loro cittadini, pensando solo ai milioni di morti a causa di guerre.
Per poter realizzare il progetto di inserire un comma costituzionale sulla felicità innanzitutto occorrerebbe capire cosa si intende per “felicità”.
E’ la felicità una condizione dello spirito o una condizione materiale e fisica?
Può essere la felicità un bene godibile dalla società?
Leggendo la sintesi degli interventi della Lectio Magistralis credo che si sia fatta molta confusione tra il concetto utilitaristico e quello eudemonistico della felicità.
La felicità come eudemonia è una condizione prevalentemente individuale e che investe il lato interiore dell’individuo.
L’esempio più illuminante di quest’affermazione è la vita di quelle persone che a dispetto di grandi problemi fisici e quindi ritenuti dalla società infelici, godono invece di una grande felicità interiore che riescono addirittura a trasmettere a chi incontrano.
Al contrario mi vengono in mente persone invidiate dalla società, per il loro successo economico e sociale, ed invece afflitte da una grande infelicità che le ha portate anche a gesti estremi.
L’utile, cioè ciò che produce vantaggio e riduce la sofferenza, questo è in realtà il concetto di cui dissertavano e che si riferisce ad un benessere portato dalla presenza di beni materiali che sono sicuramente necessari ma che non assicurano la felicità.
Siamo giunti ad uno stadio storico in cui il benessere è diffuso, nessuno muore per strada di fame, le cure sono garantite a tutti, mai come in questi decenni l’umanità ha raggiunto uno stato di soddisfazione materiale.
Ma se guardiamo il livello di felicità, mai come in questi tempi le persone vivono stressate e devono fare ricorso ad integratori chimici, per superare il senso di vuoto, delle loro esistenze.
Chi ha centrato l’argomento è stato l’imprenditore Brunello Cucinelli che ha detto durante l’incontro:
“L’essere umano ha bisogno di nutrirsi di grandi ideali, di valori, di fiducia, di tornare a credere nella speranza invece che nella paura, in un anno così speciale. Non ci può essere vita senza speranza: abbiamo bisogno di tornare ad investire nella spiritualità”.
“Viviamo nel miglior momento dell’umanità: perché non ritorniamo ad essere orgogliosi?
Mi piacerebbe se, insieme, ridiscutessimo i valori della nostra Italia, su come possiamo ricostruire i nostri valori, perché abbiamo bisogno di rispetto, dignità e di tornare a credere nello Stato.
Per questo – anche per cultura – più che l’espressione “diritto alla felicità”, come fosse un diritto che domani qualcuno ti può garantire, parlerei di “ricerca della felicità, dell’aspirazione alla felicità”.
Pienamente d’accordo con lui, nella costituzione, che credo non sia il caso di toccare, dovrebbe essere garantita non la felicità che nessuno Stato può garantire, ma il diritto sacro per ogni uomo, di ricercare la propria felicità, quindi garantendo la libertà nei limiti della libertà altrui.
E’ questo un principio liberale fondamentale ed i padri costituenti ne hanno permeato la nostra Costituzione, permettendo ai cittadini di costruire il proprio benessere economico e spirituale.
Lasciamo quindi la costituzione così com’è, non ripetiamo l’ingenuo errore degli illuministi di pensare che benessere e felicità siano la stessa cosa e che lo stato ne sia il garante.
Torniamo invece a riportare l’etica, come un valore politico, da praticare ogni giorno, per il bene della patria e dei suoi cittadini.