Nel 1970 la Terra era abitata da 4 miliardi di persone. Oggi la popolazione umana globale è raddoppiata e sta per toccare gli 8 miliardi. Negli stessi 50 anni, come mostra l'ultimo Living Planet Report, l'abbondanza delle popolazioni selvatiche di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci) è invece crollata in media del 69%. 
 
È codice rosso per la natura sul nostro Pianeta.

Circa 1 milione di specie è a rischio estinzione e i tassi di scomparsa sono tra le 100 e le 1.000 volte più rapidi di quelli naturali. 
 
Un altro dato sconvolgente mostra che nel 2020 la massa di tutti i manufatti artificiali realizzati dall'uomo ha superato la biomassa naturale, cioè la massa di tutti gli organismi viventi, dalle sequoie ai miliardi di microbi che vivono in ogni manciata di terreno, superando oltre mille miliardi di tonnellate. 
 
Se mettessimo su una bilancia tutti gli uccelli viventi, il 70% del peso sarebbe dato da pollame e altre specie domestiche allevate per i nostri consumi: gli uccelli selvatici sarebbero appena il 30%. E i mammiferi se la passano ancora peggio: il 60% del loro peso sarebbe dato da animali di allevamento, il 36% dagli esseri umani e solo il 4% da mammiferi selvatici. Come se non bastasse la nostra attuale impronta ecologica supera di ben il 75% la capacità della Terra di generare risorse e assorbire i nostri scarti: questo significa che viviamo come se avessimo a disposizione quasi 2 Pianeti. 
 
Tutti siamo responsabili di questi dati allarmanti, ma conosciamo anche le soluzioni per cambiare rotta.

Quest'anno l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto che tutti, ovunque, hanno il diritto di vivere in un ambiente pulito, sano e sostenibile, quindi per i governi rispettare questo diritto non è più un'opzione, ma un obbligo. Per invertire la perdita di biodiversità servono cambiamenti trasformativi radicali, a livello di sistema, degli ambiti economici e sociali, ma anche tecnologici e di governance, di produzione e consumo, incorporando i costi occulti che i commerci hanno sulla natura all'interno delle filiere (in particolare quella agroalimentare). Per farlo dobbiamo partire da un cambio radicale dei modelli, degli obiettivi e dei valori delle nostre società. Insieme a questo sarà necessario aumentare gli sforzi per conservare la natura rimasta e rigenerare quella che abbiamo distrutto e degradato, sfruttando al meglio le soluzioni basate sulla natura (Nature-based Solutions).


LE CAUSE DEL CROLLO DI BIODIVERSITÀ E LE SPECIE DA SALVARE

Al primo posto fra le cause della crisi di natura ci sono la distruzione, frammentazione e degradazione degli habitat, in primis per aumentare gli spazi destinati all'agricoltura (spesso a scapito di ecosistemi ricchi e fondamentali come le foreste tropicali). La filiera mondiale di cibo, dal campo alla tavola, è infatti responsabile dell'80% della deforestazione globale, oltre che del 70% del consumo di acqua dolce e 29% di emissioni climalteranti. Il giaguaro, ad esempio, è una delle specie iconiche che ha visto più che dimezzare negli ultimi anni il suo areale. 
 
Al secondo posto troviamo il sovrasfruttamento delle specie animali e vegetali, nelle sue diverse forme: dallo sfruttamento insostenibile degli stock ittici, con modalità e quantità che non danno modo alle popolazioni marine di rigenerarsi, al bracconaggio e ai traffici illegali di specie protette. Traffici che vanno ad alimentare il commercio illegale di trofei o la medicina tradizionale cinese, basata su improbabili proprietà medicamentose. Crimini di natura che fanno sì che un chilo di corno di rinoceronte valga sul mercato nero più dell'equivalente in cocaina, mentre la carne, la pelle e le ossa di tigre continuano ad essere commerciate illegalmente. 
 
Segue l'inquinamento nelle sue varie forme: dai pesticidi che stanno contribuendo al collasso di molte popolazioni di insetti impollinatori e di innumerevoli invertebrati acquatici, alla marea di plastica dispersa in natura che entro pochi decenni supererà in quantità i pesci presenti nei nostri mari, all'accumulo di fertilizzanti a base di azoto e fosforo le cui quantità hanno di gran lunga superato i limiti planetari che ne consentono l'equilibrio all'interno dei grandi cicli biogeochimici. Fino all'inquinamento acustico, che rende sempre più difficile la comunicazione tra animali, dagli uccelli migratori in cerca di un partner fino alle diverse specie di cetacei per i quali la comunicazione acustica è vitale. 
 
Ruolo sempre più rilevante è poi quello giocato dal cambiamento climatico provocato dall'uomo, che è insieme causa ed effetto della perdita di biodiversità. Altera con una rapidità senza precedenti le temperature medie globali, e con esse la distribuzione delle piogge nello spazio e nel tempo, con un aumento inquietante nel numero di eventi meteorologici estremi (dalle inondazioni alle ondate di calore), altera le condizioni in cui habitat e specie come l'orso polare o il leopardo delle nevi si sono evoluti e adattati in migliaia di anni, mettendone sempre più a rischio la sopravvivenza. 
 
In uno scenario di aumento di 3°C delle temperature medie rispetto all'epoca preindustriale, rischiamo di perdere oltre il 75% delle specie esistenti in diverse aree ed ecosistemi. Fra gli effetti disastrosi del cambiamento climatico c'è anche l'intensificarsi degli incendi: il fuoco corre veloce tra le foreste e le savane e gli animali più lenti ne fanno le spese. È il caso dei koala, ora in declino nell'Australia orientale.
 
Infine, l'ultima minaccia, più subdola e nascosta alla biodiversità è rappresentata dalle specie aliene invasive e dai patogeni, che l'uomo deliberatamente o inavvertitamente trasporta da un continente all'altro, alterando equilibri millenari delle specie autoctone e aumentando il rischio per noi stessi legato all'emergere di nuove patologie trasmissibili.  Perdere la biodiversità non vuol dire solo fare a meno di specie iconiche, ma mettere in crisi di tutti i servizi ecosistemici essenziali per la sopravvivenza e il benessere delle nostre società ed economie, ma soprattutto nostro e delle future generazioni. Tutelare la natura significa proteggere il nostro futuro.

Fonte: comunicato stampa WWF Italia


Per permettere ad ognuno di noi di sostenere le azioni di conservazione a tutela delle specie in pericolo, il WWF rilancia oggi la sua Campagna “A Natale mettici il cuore”: adottando o regalando l’adozione simbolica di un animale in pericolo sul sito adozioni.wwf.it si potranno infatti sostenere tutti i progetti WWF a tutela della biodiversità che rischiamo di perdere per sempre.

Crediti immagine: © Fritz Pölking - WWF