Vi sorprenderebbe scoprire che le stesse stanze, dove sono state scritte le pagine più nere della storia bancaria italiana, oggi ospitano chi, in nome della Costituzione, ha il compito di vigilare sui comportamenti delle banche e tutelarne la clientela? 

Che esattamente tra quelle mura, fra marmi, stucchi e legni pregiati, dove definirono le loro strategie assai poco trasparenti, prima il “Banchiere di Dio”, Roberto Calvi per il Banco Ambrosiano, poi il “Banchiere Spumeggiante”, Gianni Zonin per la Banca Popolare di Vicenza, oggi i nuovi inquilini hanno invece come missione istituzionale proprio quella di garantire la trasparenza bancaria che i due avevano sempre rifuggito?

  

Probabilmente sareste stupiti anche che il proprietario di uno fra i più estesi patrimoni immobiliari italiani, fatto di migliaia di palazzi e appartamenti, in molti casi di gran pregio; che dispone di milioni di metri quadri di immobili sottoutilizzati; che oggi promuove con decisione lo smart working svuotando i suoi uffici, ha avuto bisogno di prendere in affitto quelle stesse stanze dove aleggiano ancora ricordi così lugubri.

Perché, non dimentichiamolo, i due personaggi che le occuparono in passato, Calvi e Zonin, oltre a lasciare una scia di guai per chi aveva avuto a che fare con le loro banche, hanno decisamente fatto una brutta fine: il primo impiccato sotto il ponte dei Frati Neri in una piovosa notte londinese; il secondo finito nella polvere, condannato a 6 anni e 6 mesi di carcere e alla confisca di centinaia di milioni di euro.

È un prestigiosissimo palazzo a pochi passi dalla Fontana di Trevi. Dieci piani complessivi per circa 5 mila metri quadri, con annessa autorimessa meccanizzata e terrazza con vista mozzafiato dalla quale, letteralmente, si può salutare il Presidente della Repubblica al Quirinale.

Si trova in Via del Traforo 146, all’angolo con Largo del Tritone a Roma. 

Dopo il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, dopo la Banca Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, oggi ospita il Dipartimento Tutela della Clientela ed Educazione Finanziaria della Banca d’Italia, recentemente costituito, in pieno lockdown, da una costola del Dipartimento di Vigilanza, con il preciso obiettivo di «accrescere l’intensità dell’azione della Banca in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti degli intermediari bancari e finanziari e a rafforzare l’attività di tutela dei clienti dei prodotti bancari e finanziari».

La Banca d’Italia, già proprietaria di un immenso patrimonio immobiliare del valore stimato in quasi 5 miliardi di euro, a settembre 2020 ha ritenuto indispensabile affittare l’intero palazzo, con un contratto di locazione 6 + 6 anni per un canone,  irrintracciabile tra i documenti pubblici, ma sicuramente a molti zeri. 

Probabilmente un buon affare, vista l’indiscutibile solvibilità dell’affittuario, soprattutto per chi, solo pochi mesi dopo, ha acquistato il palazzo di Via del Traforo, passato infatti di mano a dicembre 2020, e certamente anche per chi lo ha venduto con un’imponente plusvalenza: una multinazionale statunitense protagonista di un vorticoso e articolato Monopoli, sviluppatosi sulle ceneri delle ricche proprietà immobiliari liquidate dalla fallita Banca Popolare di Vicenza. Ma questa è un’altra storia.

La clientela delle banche italiane vedrà ora effettivamente garantita la tutela che le spetta da chi oggi ha il privilegio di poter lavorare in quelle stanze, tanto sontuose e confortevoli quanto cariche dei ricordi bui di vecchie ed oscure trame?

Lo sfarzo del palazzo non richiama sicuramente la sobrietà del lavoro certosino, ma staremo a vedere. 

Nel frattempo, in un intero anno di lavoro, il Dipartimento di Tutela della Clientela della Banca d’Italia ha prodotto appena 3 (tre) provvedimenti di sanzione nei confronti delle banche per condotte irregolari in tema di trasparenza e correttezza in danno della clientela.

Che la nuova splendida location dell’organo istituzionale che vigila sulle banche, conferendogli la necessaria autorità e autorevolezza, ne abbia accresciuto le capacità di moral suasion così tanto da indurre gli istituti di credito a diventare improvvisamente più rispettosi verso i propri clienti?

Ci permettiamo di dubitarne. A ragion veduta…

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