Concetta Barra - incontri di Augusto De Luca
Artista per caso, grande attrice e cantante, interprete straordinaria della cultura napoletana, fu Roberto De Simone che lavorava con il figlio Peppe Barra a chiederle di intraprendere una carriera teatrale.
Lei viveva con il figlio all’ultimo piano di un palazzo antico in una stradina prima del Museo Archeologico Nazionale.
Andammo a prenderla con l’auto io e il mio assistente; volevo fotografarla in esterno con qualche scorcio di Napoli. Era troppo napoletana per immaginarla con uno sfondo diverso.
Appena salì a bordo cominciarono le sue straordinarie battute in dialetto. Eravamo in preda ad una continua crisi di riso. Io non riuscivo più a guidare. Ogni parola, ogni argomento provocava in Concetta un’immediata reazione verbale, una pronta e intelligente freddura che accompagnata dalla sua mimica facciale diventava irresistibile. Sembrava quasi che avesse dentro di se un copione naturale da cui attingeva inesauribili gags argute e spiritose. Un vulcano in eruzione, un’esplosione di allegria compiaciuta. Sì, infatti lei si divertiva molto a divertire e noi eravamo felici di assistere anzi di essere coprotagonisti in quello spettacolo di varietà del tutto improvvisato.
Lei ci disse a un tratto: “io sono napoletana e sarei stata napoletana anche se fossi nata a Milano… sono sicura che in quel caso avrei inventato ‘o panetton ca’ pummarola ‘ncoppa (il panettone con il pomodoro sopra)”.
Girammo ancora un po e arrivati a Mergellina cominciammo a passeggiare sul lungo mare. Era una stupenda giornata di sole e io guardandomi attorno decisi di fotografarla insieme al Vesuvio che appena accennato doveva fare capolino in fondo alla mia immagine, per sottolineare che Concetta era Napoli e che Napoli era Concetta; come nella scenografia di un teatro vuoto, di un palcoscenico, di una quinta teatrale dove il protagonista é il suo viso incorniciato da un meraviglioso scialle arabeggiante e il Vesuvio il suo unico partner con cui duettare… insomma l’apologia, l’esaltazione della napoletanità nella sua essenza più vera.
Augusto De Luca