Lunedì, Theresa May, dopo il voto inappellabile che aveva bocciato il precedente accordo da lei siglato con l'Ue,  si è presentata alla Camera dei Comuni proponendo ai parlamentari di modificare l'accordo raggiunto in precedenza con l'Europa per rivedere le condizioni relative al libero scambio tra Irlanda e Irlanda del Nord, di ritenere comunque possibile una Brexit senza alcun accordo e di escludere la possibilità di un secondo referendum sulla Brexit che causerebbe, a suo dire, problemi di coesione sociale nel Paese.

Senza un accordo, il 29 marzo la quinta economia più grande al mondo inizierà a regolare i propri scambi commerciali secondo le regole base del WTO, abbandonando da un giorno all'altro, gli accordi precedenti con i Paesi europei: una prospettiva da incubo per le aziende britanniche le cui produzioni dipendono da catene di approvvigionamento europee.

Nonostante ciò, la politica inglese non sembra trovare una via d'uscita ad una situazione che, ogni giorno che passa, si fa sempre più intricata. Sono così 6 gli emendamenti, che verranno votati il 29 gennaio, presentati dai parlamentari britannici per indicare una soluzione che possa risolvere lo stallo attuale.

Tra questi, da segnalare la proposta del leader dei laburisti Jeremy Corbyn, che con un emendamento a cui ha dato il proprio nome, potrebbe spianare la strada ad un secondo referendum sulla Brexit.

I laburisti vogliono costringere il governo a concedere al Parlamento il tempo di esaminare e votare le opzioni per impedire un'uscita "senza accordo", opzioni che includono un'unione doganale con l'UE ed un "voto pubblico su un accordo", che comunque non è detto debba essere in ogni caso un secondo referendum sull'uscita o meno dall'Europa.