Nel comunicato stampa del 30 gennaio, Unicredit ha annunciato le stime dei risultati preliminari realtivi al 2016.

"I risultati del Gruppo sono influenzati negativamente da poste non ricorrenti di cui circa Euro 12,2 miliardi erano stati comunicati il 13 dicembre 2016 in occasione del Capital Markets Day di UniCredit, nel contesto della presentazione al mercato del Piano Strategico 2016-2019 (Transform 2019).

Il Gruppo ha preso in considerazione una serie di ulteriori svalutazioni una tantum pari a circa Euro 1 miliardo, che si attende verranno contabilizzate nell'esercizio 2016. Tali poste una tantum derivano principalmente da una maggiore svalutazione della quota nel Fondo Atlante, di alcune partecipazioni e imposte differite attive (DTA) dovute a differenze temporali e dai contributi straordinari al Fondo di Risoluzione Nazionale.

Di conseguenza, nella stima dei risultati netti 2016 del Gruppo si prevede di registrare una perdita di circa Euro 11,8 miliardi."

La più grande banca italiana, una tra le princiapli in Europa, lo scorso anno ha registrato delle perdite pari a circa 1 miliardo al mese, anche se relative a poste non ricorrenti, al netto delle quali il risultato economico sarebbe stato invece positivo.

A causa di tale perdite il parametro a cui banche, investitori e risparmiatori fanno riferimento per valutare la solidità di un istituo di credito, il CET1 ratio, al 31 dicembre 2016 non è in linea per circa il 2%.

Unicredit ha comunicato di ripristinare tale deficit dopo la sottoscrizione dell'aumento di capitale, la cui conclusione è prevista prima del 10 marzo 2017.

Quello che però il comunicato di Unicredit non dice è che questo annuncio, si intreccia anche con un "dialogo" in corso con la BCE riguardo alla valutazione di alcuni NPL in portafoglio ad Unicredit. Valutazione che potrebbe avere un impatto sull'aumento di capitale della banca.

La vicenda Unicredit potrà trasformarsi in una riproposizione di quanto abbiamo già assistito con il Monte dei Paschi? Difficile crederlo, ma non irrealistico ipotizzarlo. Infatti, nessuno sa che cosa accadrebbe se l'aumento di capitale di Unicredit non venisse sottoscritto o se restasse inevaso in gran parte rispetto alla cifra richiesta.  È evidente che l'Italia non si potrebbe permettere anche il fallimento di Unicredit.

Quello che comunque salta agli occhi è che il sistema bancario italiano, nonostante le dichiarazioni di Padoan e di Renzi, non fosse poi così solido e affidabile come invece veniva descritto. Inoltre, se lo stato patrimoniale di una banca internazionale come Unicredit non è poi così tanto solido, quanto solida potrà essere la stabilità di istituti di credito che invece operano solo in Italia, visto lo stato non proprio brillante della nostra economia?