Martedì erano migliaia i manifestanti che hanno bloccato l'aeroporto principale di Israele e le autostrade per protestare contro la coalizione di estrema destra del primo ministro Benjamin Netanyahu che prosegue nel tentativo di licenziare una revisione del sistema giudiziario che vuol mettere la magistratura sotto la "tutela" dell'esecutivo.
La protesta, mai interrotta ma che in genere viene messa in atto ogni fine settimana, si è tenuta anche ieri (ed è proseguita fino a sera) dopo che la Knesset ha approvato un passaggio chiave della legge, che mira a limitare il potere della Corte Suprema.
A Tel Aviv, le forze dell'ordine sono state costrette a schierare la polizia a cavallo e i cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti, senza però poter rinunciare a dover ricorrere a degli arresti, 66 le persone fermate.
La protesta non riguarda solo chi appoggia le opposizioni, ma è estesa anche a parte della popolazione che ha votato per la maggioranza che sostiene l'attuale governo. Netanyahu, se vuol tenere in piedi l'esecutivo, è costretto a compiacere le volontà dei partiti che lo sostengono, in particolar modo quello degli ultraortodossi che vedono nella riforma un mezzo sia per dare ulteriore spazio alle "leggi" ebraiche, sia per poter giustificare l'occupazione della Cisgiordania e la politica di apartheid in atto.
Gli Stati Uniti, o perlomeno l'amministrazione Biden, non sapendo come poter giustificare l'estremismo riformista di Israele iniziano a dare segni di impazienza, invitando diplomaticamente Netanyahu a rivedere l'iter della legge, mentre il NYT parla già di un Biden che starebbe riflettendo su come riconsiderare i rapporti con Tel Aviv.
Ma per il governo israeliano c'è anche un altro problema, quello dei riservisti, colonna portante dell'Idf. A seguito dell'avanzamento dell'iter della riforma della giustizia, una parte di loro non solo ha avvertito il ministro della Difesa Gallant che non si presenteranno per i consueti corsi di aggiornamento, ma hanno già iniziato a farlo disertando pure richiami per prestare servizio.
La riforma della giustizia, al momento, ha ottenuto il primo dei tre voti richiesti per poter diventare legge. Se approvata, perlomeno nell'attuale formulazione, limiterà di molto il potere della Corte Suprema di annullare le decisioni prese dal governo, dai ministri e dai parlamentari, lasciando praticamente via libera a qualsiasi decisione dell'esecutivo.
È evidente che, in tal caso, tra l'altro non ci sarebbero limiti per i coloni nell'appropriarsi di tutta la Cisgiordania, con quel che ne consegue per la stabilità dell'area.