E’ interessante soffermarsi sul pensiero della pedagogista e docente Tiziana Cristofari, soprattutto per i genitori di figli considerati svogliati e assenti. La Cristofari da anni si imbatte in situazioni che la indignano, per la facilità con cui i bambini vengono giudicati e “torturati” psicologicamente.    “Viviamo in una società superficiale, dove i tempi frenetici e la poca pazienza che abbiamo nei confronti dei nostri bambini, ci spingono a conclusioni affrettate sulle loro potenzialità e capacità cognitive, purché ci sollevino dall’incombenza di seguirli negli studi”. Arrivano da lei genitori con figli emotivamente avviliti, psicologicamente affranti, demotivati e senza più alcuna autostima. Le raccontano che i figli non vogliono studiare, piangono e non vogliono andare a scuola. Gli insegnanti  a loro volta, sostengono che hanno dei problemi cognitivi e sono già stati da logopedisti e medici che hanno certificato il ritardo nell’apprendimento.Ma secondo la dottoressa la realtà è un’altra: “nel 99% dei casi, il bambino, recuperando nel giro di un anno scolastico tutte le carenze.” Il problema è come reagiscono i figli a tutte queste chiacchiere – non vere – sulla loro capacità di apprendimento. Cosa provano, come stanno e cosa pensano dei controlli medici e delle esercitazioni alienanti ai quali vengono sottoposti solo perché hanno una pessima scrittura.  È come chiedersi guardando la calligrafia di un medico se anche lui fosse disgrafico? La dottoresssa dichiara: “Pensano di essere inferiori, di essere diversi, stupidi, non capaci come i loro compagni di classe. E la loro psiche lentamente cambia e diventa brutta. Perdono la loro autostima, diventano tristi, paurosi e a scuola non rendono più, non si sentono capaci e si convincono di non  riuscire negli studi; dentro di loro si domandano perché devono continuare a studiare! ”La Cristofori si indigna con gli insegnanti impreparati nella didattica che si sentono in diritto di diagnosticare senza averne la competenza, con i medici psichiatri, conniventi, che devono trovare necessariamente un’anomalia in un bambino che ha solo bisogno di essere rispettato nei suoi tempi di apprendimento, mentre la loro diagnosi è basata su statistiche (vi ricordo che Albert Einstein ha mostrato la sua genialità solo all’università, risultando terribilmente carente in tutti i precedenti corsi di studi, soprattutto in matematica; e nonostante oggi si dica che fosse dislessico, niente e nessuno allora, fortunatamente, gli ha impedito di credere in se stesso e di diventare ciò che tutti noi conosciamo).
Si indigna conlogopedisti che uccidono il pensiero del bambino tediandolo con esercizietti che lo allontanano sempre più dalla scuola? Tutto pur di non ammettere che quel paziente ha solo bisogno di una efficace didattica che loro ignorano completamente,  ma è tutto un sistema di scarica barile: l’insegnante ai genitori, i genitori al medico, il medico al logopedista e il logopedista sul problema diagnosticato dal medico che purtroppo si può migliorare, ma non curare. E non c’è la cura semplicemente perché non c’è la malattia!”Ed ecco infine l’accusa ai genitori: “Ma sono indignata anche con voi genitori! Che non avete la pazienza di ascoltarli i vostri figli; che li imboccate come se fossero sempre piccoli, senza svezzarli nel rapporto e nella loro continua e costante crescita di competenze. E questo è un errore grave, molto grave, perché non permettete loro di crescere, di sviluppare indipendenza, di conquistarsi quel pezzettino di mondo a scuola, che solo a loro appartiene. Non avete voglia di seguire e capire i cambiamenti che la scuola li costringe a sviluppare, non avete la voglia di capire che il vero problema potrebbe essere nel rapporto con voi, con la maestra o con i compagni di classe. Perché è così: quasi sempre il problema scolastico ha le sue profonde radici nel rapporto umano.                                                                                                                                                                          Allora non distruggiamo la mente e la vitalità dei nostri figli, abbiate il coraggio e l’umiltà di valutare il vostro rapporto, di considerare quello che la maestra ha con vostri figli, prima ancora di rivolgervi al medico, che in quanto tale, nella mente del bambino, riporta sempre e comunque a una  malattia. Ricordandovi inoltre che oggi, quella che viene comunemente definita dislessia, il più delle volte è un abuso di terminologia e medicalizzazione su bambini sanissimi per questione di business. Non confondiamo le difficoltà didattiche e di rapporto con la scusa della malattia, una malattia che nessuno ha organicamente riscontrato e che si basa solo su statistiche. Eviteremo così di crescere bambini insicuri, ribelli, aggressivi, svogliati, tristi, spaventati e senza autostima.