Elvis Aaron Presley nacque a Tupelo, stato del Tennessee, nel sud degli Stati Uniti, nei primi giorni del 1935. Aveva un gemello, che non sopravvisse. Era biondo, anche se il mondo lo conobbe bruno.

La famiglia era modesta e molto religiosa; soprattutto la mamma, Gladys, gli inculcò una forte fede. Era un bravo bambino e non diede mai problemi.

Il ragazzo crebbe in mezzo alla gente di colore, frequentò classi “miste” (esistevano!) e prese gusto a certi generi in voga nell’ambiente. Dopo un’esperienza come camionista, si diede al canto.

La musica americana si andava affermando, in quegli anni, ma non aveva ancora invaso il mondo e infarinato tutti i generi presenti sul pianeta.

Erano in voga, laggiù, alcuni filoni musicali. Si andava dal gospel * al rythm&blues, in auge nel sud; dal  genere sentimentale (i “crooner” alla Frank Sinatra), al jazz. Nella grande provincia o nella "Bible Belt" (*1) imperversavano le ballate, di derivazione country.

C’era molto d’altro, ovviamente, il tutto stimolato da una vivace attività imprenditoriale in campo discografico. In generale, si trattava di produzioni note ed apprezzate fuori dall’America, ma pur sempre da élites.

In Europa, ognuno si teneva la musica di sua competenza; molto in voga, specie nei locali notturni, erano i ritmi latino americani, rumba, mambo, cha cha cha e altri esotismi resi celebri da personaggi come Xavier Cugat e Carmen Miranda.

Certi regimi non avevano favorito la diffusione della musica americana. Per Mussolini era da bandire tutto ciò che veniva dagli USA; la Francia era sciovinista anche in questo campo; per i nazisti si trattava di orrori da negri; l’orgogliosa Spagna di Franco stava sulle sue.

Nel dopoguerra le cose cambiarono e si iniziò a parlare di artisti nuovi e, naturalmente, un po’ maledetti. Il capostipite più famoso fu Hank Williams, scomparso a 29 anni dopo una vita di eccessi.

Nel tempo si contarono altre morti premature. L’opinione pubblica rimase molto colpita dalla scomparsa di Buddy Holly, a ventidue anni, in un incidente aereo, insieme ad altri cantanti. Il ragazzo, timido, occhialuto, aveva uno stile particolare. Lasciò, incinta, la giovane vedova, un ‘india messicana che aveva voluto sposare sfidando il razzistume imperante.

Il rock, per definizione, doveva sconvolgere anche le convenzioni sociali. Più in là sorsero etichette musicali ("labels") per cui incidevano solo afroamericani, la Tamla Motown, la Atlantic e, insomma, ci fu un terremoto, comprese accuse di un giro di mazzette per diffondere le nuove tendenze (famoso il processo al celebre DJ Alan Freed, bianco ma amico dei blacks). Ai tempi di Elvis ancora tutto sembrava regolare.

Presley spuntò di botto, nella prima metà degli anni ‘50: alto, belloccio, sfrontato, con quella mossa del bacino in un paese  da sempre definito puritano. Veniva assistito  e sorvegliato dal sedicente manager, un figuro ambiguo chiamato  "colonnello" Parker, senza nulla di militare: era un olandese con precedenti penali in patria.


Elvis Aaron, poi accorciato in Elvis, gli affidò la propria vita artistica e non solo. Parker assecondò la modifica del colore dei capelli, per seguire la tenebrosa moda del momento, inaugurata da film come “Fronte del Porto”,  ma anche per seguire l'esempio di mamma Gladys. Inoltre "il colonnello", che percepiva laute percentuali sui guadagni, sfruttò il servizio il militare del suo pupillo in Germania, in quanto un comportamento patriottico lo avrebbe fatto amare dai connazionali; pare che lo orientasse anche in materia di donne. Mamma Gladys non mancava di fare raccomandazioni, temendo che l’ambiente traviasse il sano ragazzo del sud, ma aveva lei stessa gravi problemi come l'obesità e l'abuso di farmaci, nel quadro di una vita familiare infelice, con un marito che la ignorava.

 In realtà, di sano, non c'era nessuno: tutt'al più, Elvis riusciva a sembrarlo. I “colleghi” brillavano per la loro vita spericolata o stramba. Jerry Lee Lewis, si giocò il successo in Europa per aver sposato una cuginetta tredicenne. Little Richard, che doveva evitare di ammettere l'omosessualità, dopo qualche anno fu rapito da estasi religiose. Chuck Berry, ricchissimo, tirchio ed evasore fiscale incallito, noto per i doppi sensi dei suoi testi, si vergognava di ammettere che frequentava musicisti e ragazze "non di colore", ma veniva pescato con le mani nel sacco. Di molti sacchi, visto che era stato in prigione, ma negava anche questo.

 Gli inizi furono incerti, soprattutto per l’accusa di volgarità rivolta a quello stile musicale; tra le righe, c’era anche l’ostilità all ‘impostazione mutuata dai neri.

Tuttavia Elvis ingranò e nessuno fu più in grado di fermarlo per una dozzina d’anni. Lavorava come un pazzo, perché il colonnello lo aveva anche convinto a diventare attore, in quei film musicali a volte azzeccati, a volte deprimenti che, almeno nei primi anni, spopolavano. Elvis avrebbe potuto far di meglio, in campo cinematografico, ma il "colonnello" sembrava evitare accuratamente le produzioni maggiori e così si perse l'occasione di vedere Presley, per esempio, in "West Side Story".

Le donne non mancavano. Gli piacevano minute e non volgari. La sua fidanzata più famosa fu Natalie Wood, diva in erba già chiacchierata. Elvis, tradizionalista, si fissò su una quattordicenne, Priscilla, che portò vergine al matrimonio otto anni dopo: aveva deciso, di comune accordo con il vigile "colonnello", che sarebbero andati fino in fondo solo dopo il sì. Quando non era con lei, il cantante si concedeva sfrenatezze sessuali contornate dall'assunzione di intrugli vari, ma poi tornava ad essere, per tutti, il giovanotto della porta accanto.

 L’establishment musicale non lo prese bene, all’inizio. Frank Sinatra lo disprezzava , ritenendolo un rozzo sudicione. Poi lo volle vicino in uno show, quando capì che così avrebbe rispolverato la propria immagine in declino: d’altronde, il buon Frank ne aveva per tutti. 

 Nacque Lisa Marie, nel 1968, che rese il padre un uomo felice. La bambina fu mostruosamente viziata, ma patì i problemi familiari. Dopo multipli divorzi, ora  la quarantenne Lisa prova a cantare e vende pure, ma, si dice, solo per il cognome.

 Elvis soffriva effettivamente di un' irritazione oculare causata dalla luce dei riflettori e, a un certo punto, dovette portare gli occhiali anche in scena, per proteggersi.

Tuttavia, quando venne ricoverato in ospedale, nessuno credette alla speaker del telegiornale, quando affermò che si trattava di effetti collaterali delle medicine per gli occhi. Il birbone aveva perfino accettato di collaborare con il governo di Nixon come testimonial contro l' uso di droghe: serviva a distrarre dal disastro della guerra in Vietnam. Senza potersi definire schierato per un partito, mostrava vedute alquanto reazionarie e criticò l "inglese" John Lennon, che si permetteva di contestare la politica USA.

 Nel 1973 la vita di Elvis era cambiata significativamente.

L’adorata madre, che gli aveva regalato da bambino la sua prima chitarra, era morta nel 1958; il padre, Vernon, aveva una nuova famiglia.

Lui aveva divorziato a sua volta da Priscilla, anche se dicono che ne fosse sempre innamorato. Si immerse in una girandola di storie: per un periodo ebbe due donne ufficiali, matrigne per Lisa Marie, fino a che si “stabilizzò “ con la giovane Ginger Alden.

La mitologia che lo riguarda ci racconta che non padroneggiava più la sua vita.

Probabilmente si ritrovò, come succede spesso, tirato per la giacca da manager, procuratori, avvocati, amici, partner, parenti.

Elvis aveva un clan di fedelissimi, chiamato “la mafia di Memphis”.

Costoro bivaccavano di continuo nella favolosa residenza detta “Graceland”, gestendo i suoi affari. Smistavano le donne, gli passavano le sostanze e filtravano le visite. L’unica condizione per non essere cacciati in malo modo era di non fare gli scemi con le ragazze del “capo”; occorreva evitare anche le più innocenti confidenze, passi lunghi e ben distesi: accettabile, visto il tornaconto.

Fu parte in causa anche papà Presley che, per motivi non chiari, indusse Elvis a pagare più tasse del dovuto, un'enormità evitabile con l'aiuto di un buon commercialista. Forse i genitori non sono sempre i soggetti più indicati a gestire le questioni dei figli.

 Il divo in caduta libera aveva finito per circoscrivere la sua attività a Las Vegas. Oggi esibirsi nei favolosi locali della rinata “città del vizio” è un onore, come accade a divi del calibro di Céline Dion; allora era considerato, appunto, ripiego per star in declino.

Si trattava di un modo per continuare a impinguare entrate ormai ridotte, tenersi in esercizio, pagarsi i vizi e i lifting, poter corrispondere gli alimenti alle ex mogli.

“The king” (*2) , sempre meritevole di ascolto, purtroppo era alla frutta. Grasso e pesante, come mostravano impietosamente i completi attillati che doveva indossare (ma agli adoratori piace anche così, come un anziano torero), a nemmeno quarant’anni era un rottame. A parte questi concerti, non usciva più di casa. La mafia di Memphis spettegolava e mise in giro alcune voci. Per esempio, che il boss avesse una quarantina di televisori e li tenesse accesi in contemporanea per non sentirsi solo; che vivesse confinato nel letto e riuscisse a sollevarsi solo grazie a un meccanismo elettrico, azionato  pigiando un bottone. ". I suoi fans accaniti, che sembrano riprodursi all'infinito, non vogliono che si associ il suo nome alle droghe, parlano al massimo di pillole....

 Il 16 agosto 1977 Presley fu trovato morto, ai piedi di una scala interna della villa, forse. Pare che le sue ultime parole siano state "vado a leggere in bagno".

Per molti, era la sintesi perfetta di tutte le voci americane. La voce americana, per eccellenza. Ecco perché Sinatra lo odiava… 

 

 

(*1) Bible Belt, letteralmente "cintura della Bibbia", una fascia di territori del sud degli Stati Uniti, la cui popolazione, cristiano evangelica, è molto devota agli insegnamenti in essa contenuti.

(*2) The King, "il re", appellativo con cui era noto Elvis