Nel fervorino notturno del 27 aprile, Zelensky ha sponsorizzato la rimozione dei dazi doganali sulle esportazioni di tutti i prodotti ucraini per almeno un anno... in Europa e non solo.

"Oggi ho discusso i dettagli di questa proposta con la Presidente Ursula von der Leyen", ha detto Zelensky. "Sono grato a lei personalmente ea tutti i nostri amici europei per questo passo.In questo momento, questo ci consentirà di sostenere il più possibile l'attività economica in Ucraina, la nostra produzione nazionale. Ma questa decisione deve essere considerata non solo nel contesto ucraino. Un'esportazione sufficiente dei nostri prodotti verso i mercati europei e globali costituirà un importante strumento anticrisi".

Per sostenere tale proposta, Zelensky dice che "la Russia sta cercando di provocare una crisi globale dei prezzi, per creare il caos in tutti i settori di mercato, a partire da quello alimentare". Pertanto, favorendo "le esportazioni ucraine", secondo quanto lui sostiene, ciò aiuterebbe a stabilizzare i mercati:

"È vantaggioso non solo per noi, ma anche per tutti gli europei. Per i residenti di tutti i paesi che possono essere colpiti dalle ambizioni distruttive della Russia".

Che tutto ciò serva all'Ucraina, è indubbio, che poi ciò possa anche essere utile alle economie europee è tutto da dimostrare, visto che il loro produttori potrebbero trovarsi a dover combattere con i costi di produzioni ucraini che per loro potrebbero essere insostenibili.

Un ulteriore problema che si va ad aggiungere ai già tanti problemi di una guerra per procura in cui siamo già abbondantemente coinvolti, pur non combattendola sul campo. 

Il paradosso è rappresentato dagli Stai Uniti, sponsor principale dell'Ucraina, che dal 2014 stanno rifornendo di armi e addestrando l'esercito di Kiev in opposizione alle mire espansionistiche di Mosca. 

L'Europa adesso si trova coinvolta in questa guerra, la cui escalation militare è ormai incontrollabile, e deve combatterne anche le conseguenze economiche, sia per non poter far più affari con la Russia, sia per non dover più utilizzare le fonti energetiche russe in modo da non continuare a finanziare Putin, sia per le ritorsioni di Mosca anche sulla fornitura di altre materie prime a partire da quelle relative al settore alimentare. 

Per gli Stati Uniti (e anche per la Gran Bretagna) non sussistono tali problemi e, per questo i politici dei due Paesi sono tra i più attivi nel sostenere l'invio di armi in Ucraina.

Naturalmente, a tutto questo va aggiunto il fatto che Putin non ha alcuna intenzione di venire a patti con alcuno e che le sue mire espansionistiche non hanno alcuna giustificazione... e pertanto la situazione, al momento, sembra senza sbocco, con la via militare che si è incamminata sulla strada dell'escalation e sta pericolosamente arrivando al confine dell'utilizzo di armi non convenzionali, quando ormai si stanno già utilizzando armi proibite.

Secondo Kiev, la scorsa notte i russi hanno effettuato circa 50 attacchi aerei su Mariupol facendo uso di bombe al fosforo, con il vicecomandante del reggimento Azov, Sviatoslav Palamar, che ha nuovamente chiesto misure per evacuare la città, poiché Mosca sta impiegando "tutto ciò che un barbaro può usare contro degli esseri umani".

Nel nord del Donbass, nella regione di Kharkiv, la Russia ha fatto arrivare nuove forze per sferrare l'attacco decisivo per sfondare verso il sud e da Izjum sta cercando di avanzare verso Sulyhivka.

Sul fronte ovest, che potrebbe aprirsi in qualsiasi momento, la Moldova, a seguito dei recenti eventi in Transnistria ha deciso di unirsi all'UE nelle sanzioni contro la Russia ed inizierà a fornire all'Ucraina aiuti umanitari e genieri per sminare gli insediamenti liberati.

Queste le perdite subite da Mosca dal 24 febbraio, secondo l'ultimo rapporto dello Stato maggiore ucraino: 22.800 soldati, 970 carri armati, 2.389 veicoli corazzati per il trasporto di personale, 1.688 veicoli, 431 sistemi di artiglieria, 1151 sistemi di lancio multiplo di razzi, 72 sistemi di difesa antiaerea, 155 elicotteri, 187 aerei, 76 serbatoi di carburante e 8 imbarcazioni.

Intanto, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che l'ingresso di Finlandia e Svezia, se dovessero decidere di far parte dell'alleanza, "sarebbe rapido".