... La misura dell’amore è amare senza misura. Noi stessi – disse Papa Luciani – «siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile» (Angelus, 10 settembre 1978). Intramontabile: non si eclissa mai dalla nostra vita, risplende su di noi e illumina anche le notti più oscure. E allora, guardando al Crocifisso, siamo chiamati all’altezza di quell’amore: a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici.Amare: anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati. Amare così, anche a questo prezzo, perché – diceva ancora il Beato Giovanni Paolo I – se vuoi baciare Gesù crocifisso, «non puoi fare a meno di piegarti sulla croce e lasciarti pungere da qualche spina della corona, che è sul capo del Signore» (Udienza Generale, 27 settembre 1978). L’amore fino in fondo, con tutte le sue spine:non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere. Se non puntiamo in alto, se non rischiamo, se ci accontentiamo di una fede all’acqua di rose, siamo – dice Gesù – come chi vuole costruire una torre ma non calcola bene i mezzi per farlo; costui, «getta le fondamenta» e poi «non è in grado di finire il lavoro» (v. 29). Se, per paura di perderci, rinunciamo a donarci, lasciamo le cose incompiute: le relazioni, il lavoro, le responsabilità che ci sono affidate, i sogni, anche la fede. E allora finiamo per vivere a metà – e quanta gente vive a metà, anche noi tante volte abbiamo la tentazione di vivere a metà –, senza fare mai il passo decisivo – questo significa vivere a metà –, senza decollare, senza rischiare per il bene, senza impegnarci davvero per gli altri. Gesù ci chiede questo: vivi il Vangelo e vivrai la vita, non a metà ma fino in fondo. Vivi il Vangelo, vivi la vita, senza compromessi.Fratelli, sorelle, il nuovo Beato ha vissuto così: nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine. Egli ha incarnato la povertà del discepolo, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria. Al contrario, seguendo l’esempio di Gesù, è stato pastore mite e umile. Considerava sé stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere (cfr A. Luciani/Giovanni Paolo I, Opera omnia, Padova 1988, vol. II, 11). Perciò diceva: «Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili» (Udienza Generale, 6 settembre 1978).Con il sorriso Papa Luciani è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. È bella una Chiesa con il volto lieto, il volto sereno, il volto sorridente, una Chiesa che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata, non è insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato cadendo nell’indietrismo. Preghiamo questo nostro padre e fratello, chiediamo che ci ottenga “il sorriso dell’anima”, quello trasparente, quello che non inganna: il sorriso dell’anima. Chiediamo, con le sue parole, quello che lui stesso era solito domandare: «Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri» (Udienza Generale, 13 settembre 1978). Amen.
Questa è stata la parte conclusiva dell'omelia di papa Francesco nella Messa per la beatificazione del suo predecessore Giovanni Paolo I, celebrata sotto la pioggia in piazza San Pietro, alla presenza di 25mila persone.