Proviamo a riassumere la procedura che porterà i grillini a riunirsi il 7 e l'8 novembre a Roma per celebrare il primo congresso del partito o, come direbbero loro, gli stati generali del movimento.
La domanda principale è: chi parteciperà all'assemblea di Roma?
I rappresentanti pentastellati scelti nei territori, cioè nelle assemblee che si terranno in varie parti d'Italia per discutere ed elaborare delle proposte relative a ciò che il movimento deve diventare e a quello che dovrà fare in futuro. La preferenza è che a Roma arrivino attivisti eletti, di vario ordine e grado... ministri compresi, purché partecipino ai tavoli territoriali e vengano poi nominati.
Le assemblee territoriali, secondo il campo politico pro tempore del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, "orientativamente" dovrebbero svolgersi negli ultimi weekend di ottobre e saranno riunioni regionali o interprovinciali nel caso delle regioni "più grandi".
A presiedere l'organizzazione del congresso e dei lavori un comitato che sarà costituito in base ai suggerimenti ricevuti da Crimi da parte dei capigruppo delle Camere, dei portavoce regionali e dei sindaci, in rappresentanza delle varie anime del movimento.
A Roma si ritroveranno circa 300 persone che discuteranno su tre temi: che cosa mettere al centro dell'agenda politica, quale debba essere l'organizzazione migliore per realizzare i contenuti dell'agenda e le regole cui attenersi.
Questo dovrà necessariamente essere sintetizzato in un documento che unisca le varie indicazioni provenienti dai territori. Il documento finale, dopo esser stato votato dall'assemblea di Roma, dovrà poi essere definitivamente approvato dagli iscritti tramite la piattaforma Rousseau.
Successivamente, sempre tramite la piattaforma Rousseau, gli iscritti decideranno se a guidare il movimento sarà un capo politico o una segreteria. Chi e come candidarsi sarà stabilito in base alle indicazioni dei territori e dell’assemblea di Roma.
Naturalmente, se venisse scelto un organo collegiale, sarà comunque necessaria l'indicazione di un rappresentante che ne faccia da portavoce.
Adesso non manca che ricordare i problemi che agitano le acque del movimento, quelli che hanno reso necessario il congresso di Roma. È sufficiente ricordare quelli più recenti. L'ultimo in ordine di tempo è rappresentato dai dissidi con l'erede Casaleggio che, non avendo ricevuto il compenso atteso per il mantenimento della piattaforma Rousseau, ha temporaneamente sospeso alcune delle attività politiche dei grillini ad essa collegate.
Ma oltre ai dissidi finanziari, l'erede Casaleggio non sembra neppure tanto apprezzare le ultime scelte pentastellate, soprattutto in tema di alleanze, in linea con le dichiarazioni di Alessandro Di Battista che ha etichettato l'accordo con il PD in alcune regioni e in alcuni comuni come la morte nera di Guerre Stellari.
Quelli alla dibba vedono l'alleanza con il PD di Zingaretti come l'esser venuti meno allo spirito originario che ha animato il Movimento 5 Stelle, e sono per lo più gli stessi che sorridevano beati perché nel 2018 stavano governando l'Italia insieme ad un partito il cui segretario fa il verso a Mussolini. Curioso!
Quelli alla dibba si stracciano le vesti e si strappano i capelli perché nelle liste del PD, a loro dire, alle ultime amministrative vi erano degli impresentabili, mentre applaudivano estatici Di Battista e Di Maio che andavano in Francia ad incontrare i rappresentanti dei gilet gialli sfasciatutto, tra cui anche un esaltato che auspicava colpi di Stato e dittature militari.
Inoltre, non bisogna neppure dimenticare l'aspetto pratico legato ai rappresentanti parlamentari del Movimento, forse il più importante di tutti. Molti di loro sono al secondo mandato e dovranno abbandonare il seggio alla prossima legislatura e da 15mila euro si ritorveranno a guadagnare 0 euro. Per tale motivo è già iniziata la diaspora verso chi possa assicurare loro seggi o remunerazioni garantite con incarichi di qualsiasi tipo. Una diaspora che già interessa il Senato, ma a breve interesserà anche la Camera.
E c'è da giurare che molti attendono con impazienza l'appuntamento di novembre come l'occasione per fare il salto della quaglia, giustificandosi con il dire di essere in disaccordo con la nuova linea del partito, pardon... del movimento. Ma c'è da capirli: pecunia non olet.
Chi ci rimetterà? Il Governo prima, perché cadrà, e l'Italia dopo perché il Paese si ritroverà alla mercé di neofascisti iperliberisti, capaci pure di eleggere Silvio Berlusconi al Quirinale.