Nel momento storico in cui la civiltà si paralizza su scala planetaria, l’apertura all’incertezza e la liberazione dalla velocità diventano centrali per ogni processo di trasformazione sociale.
E dunque molte certezze mutano e nuove domande prendono forma.
Vi dico le mie.
Sarà la restaurazione dei diritti delle donne nella nazione africana ?
In Sudan le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono diventate finalmente reato: Il governo sudanese ha approvato un emendamento alla sua legislazione penale, in base al quale chiunque pratichi mutilazioni genitali all'interno di un istituto medico o altrove rischia tre anni di reclusione e una multa.
In Sudan le questioni femminili sono diventate argomento di discussione solo nell'ultimo anno, dopo il ruolo di primo piano che donne e ragazze hanno avuto nelle proteste che hanno spodestato il dittatore Omar Hassan al-Bashir nell'aprile del 2019.
Il primo ministro Abdulla Hamdok ha nominato donne ai dicasteri di affari esteri, gioventù e sport, istruzione superiore, lavoro e sviluppo sociale.
L’esecutivo di transizione del Sudan inserirà le nuove norme in un nuovo articolo del Codice penale, che richiamerà il Capitolo 14 della Dichiarazione costituzionale sui diritti e le libertà, approvata nell’agosto dello scorso anno.
Il nuovo regime ha anche abrogato la precedente legge sull'ordine pubblico, che limitava fortemente la libertà delle donne di vestirsi, muoversi, associarsi, lavorare e studiare.
Alle donne era vietato indossare pantaloni o di lasciare i capelli scoperti in pubblico, o incontrare uomini che non fossero mariti o parenti stretti.
Tuttavia resta l'efferatezza dello stupro coniugale e l'abominio del matrimonio infantile che non sono considerati crimini.
Sarà la fine dell'impero ossia dell'unione europea? Lo scenario dipinto da Orban e dai suoi sottoposti fa chiaramente vedere meno democrazia e la fine della Ue.
Appena aveva preso i "pieni poteri", ufficialmente a causa del coronavirus, aveva attaccato le persone trans , cui è stato negato il diritto di cambiare i propri documenti.
Ora è la volta delle donne.
In questi giorni il parlamento ungherese ha respinto la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, che prevede un rapido accesso alla giustizia e le necessarie misure di protezione;
che tutela i centri antiviolenza, come spazi laici e autonomi di donne, capaci di affrontare anche culturalmente la violenza, l’abuso, l’oggettivizzazione del corpo delle donne;
che tutela le vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, dando aiuto umanitario alle donne migranti, che vieta infine le mutilazioni e lo stupro coniugale.
Tutte cose evidentemente inaccettabili per Orban e la maggioranza parlamentare che lo sostiene.
Un attacco frontale alle donne che conferma l'impostazione del suo governo, di fronte al quale non si dovrebbe e non si potrebbe rimanere in silenzio.
E' evidente l'involuzione autoritaria dei regimi democratici caratterizzati dalla presenza di “leader forti”. Questi ultimi sono in grado di proporsi come interprete del “corpo” della nazione, ricorrendo agli strumenti della manipolazione mediatica e alle tecniche di controllo sociale più raffinate introdotte durante la crisi sanitaria e nelle fasi successive.
Sarà il rinascimento con la liberazione di Silvia Romano?
Silvia Romano sappiamo tutti chi è. E' la volontaria di 25 anni rapita il 20 novembre 2018 da un commando di uomini armati nel villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri a ovest di Malindi, in Kenya e finalmente liberata grazie ad un capillare lavoro di intelligence esterna all'Italia.
A mio avviso la sua liberazione è il segnale che un sistema è sicuro solo quando la sua componente più vulnerabile è sicura.
Il livello di protezione dell’elemento più fragile determina l'usbergo dell’intera struttura.
In questo senso, la difesa del più debole, quella che tra umani chiameremmo la solidarietà, non è un lusso o un elemento sul quale spendere (ma dovremmo piuttosto dire investire) solo quando ce lo possiamo permettere: è semplicemente l’unico principio di precauzione sul quale si può costruire.
Come potrebbe argomentare papa Francesco.