«È umano provare paura ed ansia. È una conseguenza naturale per proteggere noi stessi e coloro che amiamo. Eppure la paura può essere usata per dividere e polarizzare, per creare ancora più paura. Siamo qui perché le chiese sono chiamate ad affrontare insieme le forze distruttive della paura, della xenofobia, del razzismo e del populismo.

Questi sono solo tre strati nello stesso muro che ci divide come esseri umani, esprimendo identità chiuse che trascurano il diritto e la dignità dell'altro: "noi" contro "loro", "la nostra sicurezza" contro la loro vulnerabilità, "la nostra ricchezza" contro il loro diritto alla vita e al sostentamento. Tutti questi sentimenti sono profondamente radicati nella paura.»

Quello sopra riportato è un passaggio del discorso inaugurale pronunciato dal reverendo Olav Fykse Tveit, segretario generale del WCC, in occasione dell'apertura della "Conferenza mondiale su xenofobia, razzismo e nazionalismi populisti nel contesto delle migrazioni globali", organizzata dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e il World Council of Churches in collaborazione con il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che si svolge al Roma dal 18 al 20 settembre.

Leader religiosi e rappresentanti della società civile di diversi paesi e di diverse chiese cristiane si sono riuniti a Roma per discutere di paura, populismo, cultura dell'odio, visione dell'altro come una minaccia.

È un'iniziativa da parte delle Chiese cristiane – tutte, nello spirito dell'ecumenismo promosso da Francesco – per rispondere alla preoccupazione per il rifiuto di accogliere coloro che sono costretti a lasciare la loro terra, per ragioni legate alla violenza, alla miseria, all'abuso di potere o ai cambiamenti climatici.

Il rifiuto all'accoglienza viene giustificato per evitare un rischio per la sicurezza di un Paese mettendo in relazione i migranti con gli stranieri, i delinquenti con i terroristi. Tutto ciò sottolinea che abbiamo bisogno di un'analisi delle nostre paure: paura della mancanza, paura dell’insicurezza, paura del futuro.

Così si alimenta la xenofobia, con la paura per chi non parli la nostra lingua o non condivida la nostra religione, che porta al razzismo, che stabilisce una superiorità dell'uno sull'altro.

E nessuno dei promotori del populismo e di coloro che li sostengono sembra preoccuparsi del fatto che globalizzazione, povertà, conflitti armati, persecuzioni, catastrofi climatiche, violenza sono le cause che portano alle migrazioni di persone che invece, ben che vada, vengono descritte come nullafacenti che verrebbero in Europa solo per vivere alle nostre spalle.

In questa tre giorni i temi di confronto non sono certo privi di spunti di riflessione.