L'Ente autonomo dei trasporti parigini - o RATP, Régie Autonome des Transports Parisiens - questo lunedì ha votato per continuare fino a giovedì lo sciopero iniziato la scorsa settimana ed esteso a tutta la Francia, per protestare contro la riforma delle pensioni che Macron vorrebbe mettere in atto e la cui discussione in Parlamento dovrebbe iniziare proprio questa settimana.
Il RATP, è comunque utile sottolinearlo, è un'azienda pubblica che gestisce i trasporti su gomma e rotaia dell'intera area di Parigi.
Lo sciopero, iniziato il 5 dicembre è appoggiato politicamente sia dalla sinistra radicale di Mélenchon che dagli estremisti di destra rappresentati dal partito della Le Pen.
A causa dello sciopero in corso, non poche le ripercussioni negative sulla circolazione nell'area di Parigi, con nove linee su sedici della metropolitana completamente chiuse.
A livello nazionale il problema riguarda la circolazione dei treni, perché anche i lavoratori della SNCF hanno deciso di continuare lo sciopero.
La Commissione Europea ritiene necessaria la riforma delle pensioni ed il governo francese, almeno a parole, dice di voler andare avanti con il programma stabilito per la sua approvazione, con le misure dettagliate che saranno presentate il prossimo mercoledì, secondo quanto dichiarato dal primo ministro Edouard Philippe.
I sindacati, con in testa la CGT - Confédération Générale du Travail - stanno programmando una nuova giornata di manifestazioni per martedì, dopo quella della scorsa settimana che a livello nazionale ha portato in strada quasi un milione di persone.
Per l'economista Jean-Paul Fitoussi - in una intervista all'Agi - la protesta in atto va interpretata come "un braccio di ferro tra l'esigenza dello Stato francese di ridurre la spesa pubblica, tagliando le pensioni che costano troppo, e dall'altra la reazione della gente che si vede impoverita, con a disposizione meno mezzi rispetto a 50 anni fa, e per giunta senza aver capito con chiarezza cosa prevede la riforma, altro fattore che genera paura".
"In Francia - ha continuato Fitoussi - negli ultimi 25 anni sono già state operate 7 riforme delle pensioni, tutte impopolari, che quasi ogni volta hanno alimentato proteste, ma alla fine sono state adottate. Questa volta è un po' diverso. Il nodo della riforma è l'abolizione dei regimi speciali, conquista ottenuta progressivamente dal dopoguerra in poi, punta di diamante del sistema pensionistico francese".
La riforma che dal governo viene presentata come universale, per spacciarla anche come riconoscimento di uguaglianza sociale, è in realtà una presa in giro dei lavoratori, perché l'abolizione di alcuni criteri necessari per il calcolo delle retribuzioni non tiene conto del fatto che, come dimostrano i dati OCSE, esistono differenti aspettative di vita "tra un lavoratore con studi superiori e chi non ha titoli e svolge un'attività usurante"... addirittura fino ad 8 anni.
Un altro aspetto che la riforma Macron non tiene in considerazione è il fatto che in alcuni settori, come quello pubblico, vige un sistema di compensazione, con i lavoratori che, ad oggi, scelgono di essere pagati con stipendi più bassi rispetto a quelli del settore privato, sapendo però che le loro pensioni potranno essere più alte. In futuro non sarà più così... ma gli stipendi pubblici allora dovranno aumentare oppure inizierà a registrarsi una carenza di personale per lavori che saranno considerati poco remunerativi.
Secondo Fitoussi, per "l'Ue - che inspira questa riforma - l'intento è proprio quello di ridurre diritti e tutele dei lavoratori che di conseguenza avranno un potere negoziale e stipendi sempre più bassi, mentre aumenteranno i profitti delle aziende".