Con la pubblicazione dei conti economici trimestrali, l'Istat ha corretto il PIL nel 2016 per gli effetti di calendario, portandolo all’1,0%, poiché il 2016 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al 2015. Per quanto riguarda l'andamento del PIL nel 2017, la variazione acquisita è pari a +0,3%.

Nell'ultimo trimestre del 2016, rispetto al precendente, i principali aggregati della domanda interna sono aumentati, con una crescita dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dell'1,3% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni sono aumentate del 2,2% e le esportazioni dell'1,9%.

Complessivamente, la domanda nazionale - al netto delle scorte - ha contribuito alla crescita del PIL per 0,4 punti percentuali, mentre il contributo della domanda estera netta è stato nullo.

Dati positivi che però non sembrano  trovare riscontro nella vita reale. Ma è così anche per molti paesi in Europa, dove 20 milioni di persone sono senza lavoro. Di questi 20, 15 milioni si trovano nei 19 paesi della zona euro.

Le previsioni economiche della Commissione europea dello scorso 13 febbraio rimangono ottimistiche, affermando che la ripresa in atto avrà effetti positivi sul mercato del lavoro dei vari paesi membri.

Ma come si legge da quelle stesse previsioni, il calo del tasso di disoccupazione dal 10% nel 2016 si attesterà al 9,6% nel 2017 e al 9,1% nel 2018. Quindi con ritmi non certo sostenuti.

Inoltre, non va dimenticato che una cosa è l'occupazione, altra è la retribuzione. In Italia, ad esempio, l'Istat redige i risultati sugli occupati riferendosi ad occupazioni anche di poche ore mensili, senza dimenticare le tipologie di contratto come stage, aprendistato e tempo determinato che non consentono certo prospettive di lavoro di lungo periodo. 

Prima di rallegrarci per uno 0,1% in più, è bene ricordarci della realtà di tutti i giorni che ancora non è cambiata.