"C'è bisogno di rifondare il Partito Democratico con idee e risposte nuove. Serve davvero un nuovo inizio. Non tornare indietro e non andare oltre. Ma riprogettare per ripartire. #DirezionePd"
Questa dichiarazione riportata sul sito del Partito Democratrico vale più di mille parole. Continua sulla strada degli slogan senza senso di ieri. Il Pd, essendo nato morto, non avendo un'identità precisa, continua con pervicacia a percorrere la via del non senso, coniando frasi da diario da liceale che nella pratica vogliono dire tutto e nulla, e soprattutto non hanno un'applicazione pratica.
Ecco l'analisi dell'ennesimo fallimento del Pd nelle parole di Martina, che ha di fatto confermato la chiusura a qualsiasi trattativa con i 5 Stelle, aggiungendo però che "parlavamo molto di loro ma il tema vero eravamo noi, il nostro ruolo e la nostra funzione anche quando si è minoranza. Per me era non condannarci all’irrilevanza e accettare una sfida. Era un’ipotesi più rischiosa ma l’ho immaginata per come potevo fino a qui con questa ambizione.
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Non si è mai trattato di decidere con un sì o un no, se fare un’alleanza o votare la fiducia a un governo Di Maio. Si trattava di lanciare con il confronto una sfida politica e culturale diretta a quel Movimento che tanto ha eroso il nostro consenso anche il 4 marzo. E sfidarli proprio sul terreno del cambiamento. Senza nessuna rinuncia ai nostri valori. Non quindi una resa, ma un rilancio. Con tutte le difficoltà."
Su cosa accadrà in futuro e che cosa dirà il Pd a Mattarella che per lunedì ha convocato nuovamente i partiti al Quirinale, Martina ha ricordato che il rischio di nuove elezioni è più elevato e che nel frattempo gli venga votata la fiducia per confermarlo segretario fino alla nuova Assemblea: "Smettiamo di chiamarci renziani, antirenziani o martiniani e ritroviamo l’orgoglio di essere soprattutto democratici. Basta con la logica dell’amico-nemico in casa, e basta scambiare la lealtà con la cieca fedeltà. Proviamo a dare una mano al Paese almeno noi, che rimaniamo l’unico punto di riferimento possibile."
Ma Martina, nel suo discorso, ha anche inserito un passaggio che per i renziani deve essere un punto cruciale ed un nervo scoperto, visto che sul sito dell'organo ufficiale del Pd non è stato riportato: "Per noi il tema non è mai stato votare Salvini o Di Maio Premier. Ma per noi il tema non potrà mai essere nemmeno sostenere un qualsivoglia percorso con Salvini, Berlusconi e Meloni come soci di riferimento. Tanto più impossibile chiaramente per noi un governo a trazione leghista."
Adesso, dopo queste parole, è da vedere che tipo di fiducia il padrone del Pd, Matteo Renzi, potrà concedere a Maurizio Martina, che da parte sua il ruolo di servo sciocco non sembra, almeno per ora, volerlo interpretare.
Per il momento, una fiducia "formale" è stata concessa a Martina votando all'unanimità la sua relazione. Ma a che cosa di concreto ciò possa portare, nessuno lo sa e nessuno riesce a capirlo... come al solito. Quindi, l'indeterminatezza del Pd rimane, solida e immutabile come sempre, nonostante appelli e dichiarazioni.
Con questo voto si risponde a Piero Fassino? "Dobbiamo ritrovare le ragioni dell’unità e bandire tra di noi la parola tradimento. Né possiamo accusarci tra di noi di prendere una posizione politica perché cerchiamo una poltrona."
Oppure si risponde alle parole di Cuperlo? "Tutti portiamo una quota di responsabilità per la sconfitta, ma quella quota non è uguale per tutti. Il tema è come ricostruire un nuovo campo di alleanze. Se avremo il coraggio di non perderci nelle nostre certezze per noi si apre una prateria.
Abbiamo bisogno di unità ma anche di chiarezza. Ho militato in un partito comunista che non era stalinista, non voglio concludere la mia vita politica in un partito che si dice democratico ma che ha metodi stalinisti. Dobbiamo bloccare una deriva della civiltà politica e del linguaggio che usiamo gli uni contro gli altri. Perché la radicalità può diventare fanatismo".
O a quelle di Dario Franceschini? "Tutti noi abbiamo il dovere di dare a Martina la nostra legittima fiducia, ma anche di dare un segnale chiaro ai nostri elettori. [L'intervista di Ranzi] quella presa di posizione così netta ha chiuso ogni dialogo. Peccato che sia avvenuto prima del confronto tra di noi oggi. È chiaro che oggi il tema di governo con il confronto con i Cinquestelle non c’è più però quel tema resta.
Resta il tema che il Pd non può disinteressarsi di quale strada prenderà un terzo dell’elettorato italiano. Dobbiamo provare a evitare che quell’elettorato vada con le destre. È un percorso difficile, ci ricordiamo quanto ci hanno insultato, ma questo momento storico ci impone una seria riflessione senza accuse reciproche. Vale la pena rischiare questo percorso pieno di difficoltà".
Sono date delle risposte chiare agli elettori su che cosa sia il Pd e su che cosa voglia fare, già a partire da lunedì prossimo? No... e per l'ennesima volta.