Curioso epilogo per la manovra che, secondo chi l'ha pensata, dovrebbe aiutare il popolo e che, invece, viene duramente criticata da chi rappresenta gli interessi del popolo.
Così, dopo averne attesa l'approvazione al Senato (come tutti sanno, il passaggio alla Camera in prima lettura della legge di bilancio è stato solo teatro, un'inutile perdita di tempo), Cgil, Cisl e Uil hanno preso, simbolicamente, carta e penna per comunicare che, addirittura, scenderanno in piazza con una manifestazione nazionale a gennaio per far capire agli entusiasti rappresentanti del cambiamento che quanto da loro ritenuto eccezionale è, in realtà, una vera e propria schifezza.
"La manovra è sbagliata, miope, recessiva, taglia ulteriormente su crescita e sviluppo, lavoro e pensioni, coesione e investimenti produttivi, negando al Paese, e in particolare alle sue aree più deboli, una prospettiva di rilancio economico e sociale", hanno scritto Cgil, Cisl e Uil a commento del testo approvato al Senato. "Per le modalità della sua approvazione rappresenta una grave lesione alla democrazia parlamentare.
Nel testo approvato da Palazzo Madama, non c'è il minimo sforzo per intercettare le urgenti e profonde necessità espresse dai territori, dal lavoro, dalle categorie più deboli.
Di fronte alle enormi difficoltà dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, dei giovani, si risponde con la logica assurda e incoerente delle spese correnti e dei tagli al capitale produttivo. Le risorse per gli investimenti sono drasticamente ridotte, bloccando così gli interventi in infrastrutture materiali e sociali – a partire da sanità e istruzione - necessaria leva per la creazione di lavoro, la crescita e la coesione sociale territoriale.
Si fa cassa con il taglio dell'adeguamento all'inflazione per le pensioni sopra i 1.522 euro lordi al mese, il blocco delle assunzioni nella Pa fino a novembre e le risorse – insufficienti - per il rinnovo dei contratti pubblici.
Nessuna risposta sugli ammortizzatori e neppure sul versante fiscale per lavoratori e pensionati dove invece si sceglie di introdurre la flat tax e nuovi condoni. Una legge di bilancio che colloca per il 2020 e 2021 sulle spalle degli italiani un debito di oltre 50 miliardi in virtù delle clausole di salvaguardia, vincolando così anche per il futuro qualunque spazio per interventi espansivi che facciano ripartire il Paese.
Un andamento che non risparmia, ma anzi infierisce di più sulle aree deboli del Mezzogiorno, come dimostra il drammatico ridimensionamento del cofinanziamento europeo per la convergenza territoriale.
Quella voluta dal governo è una manovra che non qualifica la spesa, e umilia economia reale e competitività, schiaccia la centralità della buona occupazione e del lavoro nelle dinamiche di crescita e di coesione nazionale. Lasciare che la politica economica italiana sia ridotta a questo significa condannare il Paese al declino e alla definitiva rottura del suo tessuto sociale e produttivo.
"Cgil, Cisl e Uil", a conclusione del comunicato, "non possono che condannare questo andamento ed esprimere il più forte dissenso a tale politica economica.
Per questo il sindacato confederale, oggi unito in un fronte compatto di proposta sulla base di una piattaforma programmatica condivisa e sostenuta da decine di migliaia di lavoratori e pensionati annuncia l'apertura di una stagione di mobilitazione e di lotta nelle categorie e sui territori che culminerà con una grande manifestazione nazionale unitaria a gennaio."
Oltre alla critica dei sindacati confederali è utile riportare anche quella dell'Unione Sindacale di Base, già espressa il 21 dicembre, sulle anticipazioni comunicate prima della sua approvazione in prima lettura al Senato.
"L'Unione Sindacale di Base valuta negativamente la definizione della legge di stabilità per il 2019, che non affronta concretamente a livello adeguato le necessità dei lavoratori e dei cittadini italiani.
La manovra finanziaria, anche prima che l'intervento del gendarme dell'Unione Europea ne riducesse pesantemente gli effetti, si collocava in sostanziale continuità con le scelte dei governi precedenti soprattutto per quanto riguarda la vocazione al sostegno alle imprese piuttosto che al mondo del lavoro. L'aver accettato i ricatti dell'Unione Europea ha ulteriormente ridotto l'ipotetico favorevole impatto della manovra. La reintroduzione della clausola di salvaguardia sull'IVA fa prevedere per il 2020 una stagione di nuovi sacrifici per i lavoratori e le famiglie.
Sul tema delle pensioni il mantenimento inalterato delle riforme previdenziali, avviate da Dini e concluse da Fornero, rendono la quota 100 un pannicello caldo che riguarderà una platea ristretta alla quale arriveranno pensioni ridotte a causa del calcolo contributivo.
Il rinvio a fine 2019 delle assunzioni nella pubblica amministrazione è per la USB una scelta grave che non tiene conto dello stato di assoluta carenza di personale in cui versano gli uffici pubblici e dei conseguenti carichi di lavoro che i lavoratori pubblici sono da anni costretti a sobbarcarsi per sopperirvi. A questo va aggiunta la decisione, contro cui abbiamo più volte manifestato, di non utilizzare appieno tutte le graduatorie degli idonei dei concorsi pubblici in essere, che invece consentirebbe di dare sollievo all'affanno in cui versano le amministrazioni pubbliche.
L'aver stabilito un programma di privatizzazioni per miliardi di euro anche con la previsione di vendita di pezzi consistenti, e ormai residuali, del patrimonio abitativo pubblico e di proprietà delle amministrazioni locali, non solo è in assoluta contraddizione con le esternazioni favorevoli alle nazionalizzazioni a tutela degli interessi strategici del Paese ripetutamente avanzate da numerosi esponenti del governo dopo la tragedia di Genova, ma rischia di impoverirci ulteriormente a favore dei grandi gruppi immobiliari e industriali interessati alla spoliazione dei beni del Paese.
I risibili stanziamenti per il rinnovo dei contratti pubblici, la non compiuta risoluzione del problema della stabilizzazione dei lavoratori LSU, LPU, APU, le mancate risorse per il miglioramento dell'istruzione e della salute, l'annacquamento e il rinvio della validità e del valore del reddito di cittadinanza, la mancanza di un intervento di riduzione della tassazione del lavoro e delle pensioni, la totale assenza di interventi di rilancio dell'edilizia pubblica e popolare, per parlare di quanto finora conosciuto dei temi della manovra, inducono USB a ritenerla inadeguata e, in molte sue parti, dannosa per il mondo del lavoro.
Cogliamo l'occasione dell'incontro odierno per rimarcare la necessità di un quadro di relazioni sindacali democratico e pluralista che coinvolga tutti quei soggetti che sono effettivamente rappresentativi delle istanze del lavoro. La convocazione in seconda battuta rispetto al confronto aperto con altre confederazioni e la tempistica di questo incontro ne denunciano l'aspetto assolutamente formale che gli si è attribuito.
A noi non interessa la buona educazione delle relazioni sindacali ma la sostanza, cioè la possibilità di discutere affrontare e possibilmente risolvere le questioni che riguardano il mondo del lavoro in un confronto serio, serrato e, ove necessario, anche conflittuale. È ormai evidente che serve una normativa sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale che spezzi il monopolio detenuto da alcuni sulla scorta di patti scellerati tra padronato e alcune organizzazioni dei lavoratori che ormai da decenni impongono al Parlamento, su questa materia e sul diritto di sciopero, una funzione puramente notarile di decisioni assunte altrove e fra loro.
Ci auguriamo che il governo del cambiamento sappia cogliere la indispensabilità di un intervento su tali questioni per garantire maggiore democrazia nei luoghi di lavoro.
A conclusione vogliamo portarle a conoscenza che, con l'entrata in vigore della Legge 132/2018, già Decreto Sicurezza, oltre alle gravissime implicazioni che arreca ai migranti, già oggi sono molti i nostri dirigenti sindacali che hanno subito denunce per lo svolgimento del loro lavoro a tutela dei diritti dei lavoratori e degli sfruttati. Siamo al paradosso che le iniziative sociali e sindacali vengono trattate allo stesso modo di altre che riguardano soprattutto il mondo dello sport, senza tenere in alcuna considerazione il valore sociale delle iniziative messe in campo dagli esponenti sindacali."
Quanto sopra riportato, dall'Usb è stato definito uno "scempio delle più elementari forme di gestione della democrazia e delle controversie sociali e sindacali."