Un’alunna di quarta elementare che non vuole più seguire l’ora di religione. Il no della scuola che frequenta, a Firenze, motivato dai tempi di presentazione della domanda di iscrizione all’educazione alternativa. E il successivo ricorso al Tribunale amministrativo regionale toscano, da parte della famiglia della bambina. Tar che accoglie il ricorso, come spiega tra l’altro in questo articolo l’edizione fiorentina del quotidiano La Repubblica, e avrebbe anche condannato la dirigente scolastica della scuola al pagamento di tremila euro di spese.
Ma qual è il significato di questa decisione? Lo abbiamo chiesto a Ilaria Valenzi, avvocata, consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che modera la sezione studi della Commissione Studi, Dialogo, Integrazione (COSDI) della stessa Federazione.
“La pronuncia del Tar Toscana afferma un principio che va sempre più rafforzandosi, confermando quanto già espresso in precedenti occasioni, sempre in relazione al diritto di scelta di studenti e famiglie: la libertà religiosa e di coscienza non può subire compressioni, nemmeno per motivi organizzativi. Sebbene le scuole abbiano necessità di conoscere per tempo la scelta degli alunni se avvalersi o meno dell’insegnamento facoltativo della religione cattolica (IRC) e, per questo motivo, sia stabilito di anno in anno un termine per l’effettuazione di questa scelta, ciò non può limitare il diritto di cambiare idea. Allo stesso modo, la facoltà di non avvalersi dell’IRC può essere esercitata anche se per i precedenti anni scolastici l’alunna aveva optato per la frequentazione dell’ora di religione confessionale. Una scelta effettuata all’inizio del ciclo scolastico – spiega Valenzi – non può infatti condizionare l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, il quale può essere attivato in qualsiasi momento con pienezza di tutela. Questo vale in ogni fase del percorso di studi ed anche ad anno scolastico iniziato. Del pari, l’opzione per la frequentazione dell’“ora di alternativa” può essere richiesta anche se precedentemente l’alunna non avvalentisi abbia espresso una scelta diversa (lo studio individuale o l’uscita dalla scuola): nel momento in cui il diritto di opzione è esercitato, la scuola ha l’obbligo di attivare l’insegnamento. La pronuncia del Tar nel complesso ci conferma che i termini per l’esercizio del diritto costituzionale di libertà di coscienza e religione non possono essere perentori: non possono cioè avere un effetto limitativo sul diritto di scelta, che prevale sempre”.
Nel frattempo, a settembre ricomincerà l’anno scolastico e il tema, probabilmente, tornerà in auge. Quali prospettive per il futuro, rispetto al dibattito sull’ora di religione?
“La percentuale degli studenti e delle studentesse che, specie alle superiori, non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica costituisce un numero sempre più rilevante – afferma Valenzi -. Ciò sta a significare da una parte che si apre uno spazio di richiesta di tutela e di necessità di vigilare sempre più che il diritto di libertà di coscienza e religione non venga violato; dall’altra che la richiesta di pluralismo delle idee aumenta, invitando tutte le istanze laiche a partecipare con proposte di percorsi di inclusione, di cittadinanza attiva ed educazione alla democrazia. In questo senso la FCEI vuole essere parte sia per ciò che riguarda gli strumenti di tutela dei diritti di studenti e famiglie, sia con proposte di lavoro e riflessione che tengano conto dei cambiamenti religiosi e culturali che caratterizzano il nostro tessuto sociale. Il nuovo pluralismo religioso è una realtà che, specie nelle scuole, non può essere ignorato, costituendo anche uno strumento essenziale di reciproca integrazione e di profonda conoscenza dell’altro/a. Ciò può avvenire solo nel rispetto del principio di laicità, con l’attenzione rivolta alla sensibilità di tutte e tutti, senza imposizioni confessionali”.
Fonte: Nev.it