Il caos negli aeroporti dopo le direttive di Trump sulle limitazioni di accesso negli Stati Uniti
Il signor No, altrimenti conosciuto come Donald Trump, nell'applicazione dei suoi elementari spot elettorali non ha considerato che un'azione, se non valutata e ponderata in tutti i suoi aspetti, porta sempre direttamente o indirettamente a delle conseguenze ulteriori rispetto a quelle previste. In alcuni casi tali conseguenze si vedono più avanti nel tempo, in altri si vedono immediatamente.
Così, la sua direttiva sul divieto di ospitalità ed ingresso a rifugiati e cittadini provenienti da alcuni paesi africani e mediorientali ha causato il caos in molti aeroporti internazionali e, soprattutto, in molti hub statunitensi in cui arrivano voli provenienti dall'estero.
Il dubbio per molti addetti all'immigrazione era come applicare le nuove direttive di Trump. Quindi, per non sbagliare e in attesa di chiarimenti, la scelta è stata quella di trattenere in aeroporto chi, per una ragione o per l'altra, potesse essere definito come indesiderabile negli Stati Uniti.
Ovviamente, ciò ha dato origine a situazioni grottesche riportate su molti media americani, come il fermo di un iracheno che lavora per l'esercito americano in Iraq oppure il fermo di persone provviste di regolare visto che, dopo 12 ore di volo, una volta atterrate sono diventate fuori legge.
Il caos non poteva non scatenare l'intervento di avvocati e associazioni a supporto della tutela dei rifugiati e dei diritti civili, così, dopo alcune ore è arrivato il pronunciamento di un giudice federale, Ann M. Donnelly, che ha bloccato il decreto presidenziale in seguito al ricorso intentato da due citatdini iracheni che operano per conto delle forze di sicurezza USA.
La causa intentata dai due iracheni solleva possibili problematiche di incostituzionalità nella direttiva di Trump, a causa del fatto che i due uomini, oltre ad essere forniti di visto, sono diventati soggetti a rischio nel loro paese proprio a causa di aver scelto di collaborare con l'esercito americano.
Hameed Khalid di Capua e Haider Sameer Abdulkhaleq Alshawi sono i due iracheni che si sono rivolti alla giustizia per bloccare la direttiva Trump.
Hameed Khalid di Capua, 53 anni, ha lavorato per l'esercito americano e per un contractor statunitense in Iraq dal 2003 al 2013 come interprete e ingegnere. Haider Sameer Abdulkhaleq Alshawi, 33 anni, è sposato ad una donna irachena che ha lavorato per un appaltatore statunitense in Iraq e che vive a Houston.
Entrambi gli uomini, in precedenza fermati, sono stati rilasciati in attesa della prossima udienza che prenderà in esame il caso e che è stata fissata per il 10 febbraio.
Dopo la decisione del giudice di New York, un altro giudice, Leonie M. Brinkema, stavolta in Virginia, ha emesso una sentenza valida per una settimana in favore di eventuali titolari di carta verde che fossero in stato di detenzione all'aeroporto internazionale di Dulles.
Nonostante il caos e le proteste di centinaia di persone nei pressi di molti aeroporti, il Dipartimento della Sicurezza Nazionale cerca di minimizzare quanto sta accadendo, confermando la validità della direttiva voluta da Trump.
Il caos causato da Trump oltre che a protrarsi finché la stessa amministrazione non fornirà all'immigrazione direttive precise per molte situazioni relative a cittadini in possesso di green card e residenti negli USA da tempo, avrà conseguenze dirette anche per gli stessi americani. L'Iran ha già annunciato un divieto di ingresso nel paese per qualsiasi cittadino statunitense.
Dopo una sola settimana dall'insediamento, Donald Trump ha mantenuto in pieno le aspettative di quanti avrebbero scommesso che con lui al governo, negli USA ci sarebbe stato il caos. Detto fatto.