Rimettere la donna al centro del percorso di progresso civile è lo scopo di Shamsia Hassani (Teheran 1988).

Il suo ruolo di educatrice, afferma la docente e graffitista afgana, è indispensabile e deve essere compreso e rispettato. E lo si completa permettendole di esercitare i suoi diritti: di voto, alla salute, all’istruzione, di opinione.

Shamsia alterna la denuncia alla poesia riempiendo le mura ferite di Kabul di sogni rivoluzionari e di colori. E diviene eroico diffondere  sentimenti e cultura  in mezzo alla polvere, eredità di bombe e terrore.

Nel complesso Afghanistan contemporaneo, c’è una società da ricostruire e da educare, e l’impresa deve necessariamente coinvolgere le donne, ancora quasi completamente private dei loro diritti sia per la tradizionale struttura patriarcale ereditata dal Medioevo, sia per le ulteriori costrizioni introdotte dai Talebani, che continuano a controllare vaste zone del Paese.

Sfidando i pericoli di una città in stato d’assedio, e il rischio connesso al suo essere donna, Shamsia ha ingentilito con i suoi graffiti il volto della capitale: le figure femminili che dipinge, anche se avvolte nel tradizionale chador, destabilizzano la sensibilità patriarcale. Sono graffiti di libertà  di muri abbattuti, di strade volanti, di spiriti fluttuanti che emergono dalle macerie e che elevano in alto, fin sulle nuvole, il popolo.

Shamsia, inoltre,  ha co-fondato l’organizzazione Berang, volta a promuovere l’arte e la cultura contemporanea in Afghanistan attraverso laboratori, incontri e mostre.

Sul web, in ultimo, il suo progetto Dream graffiti, realizzato lavorando su fotografie di luoghi al momento non accessibili ai graffiti: ad esempio, la nicchia del Buddha di Bamyan, fatto saltare con la dinamite nel 2002 dai Talebani.

La presenza, anche solo immaginata di una donna, fa di questa figura un nuovo araldo della cultura, simbolo della sua rinascita ma anche della società afghana in senso lato.