Verso la fine della vita, il passaggio improvviso alla pensione fu per lui una sorpresa. Sempre attivo, impegnato in molteplici lavori e compiti, forse per la prima volta nella vita, a parte il periodo in cui si nascondeva a Czarny Bór, si trovò di fronte al fatto di avere tempo illimitato unicamente a sua disposizione. Svolgeva il ministero sacerdotale nella cappella in via Poleska. Avendo più tempo portò a compimento i lavori relativi alla misericordia. In breve, quando cambiò l’atmosfera che era stata creata intorno  alla divina misericordia, vi si dedicò con un ardore tutto nuovo. Sopoćko per la ricca personalità sacerdotale, le esperienze straordinarie maturate, rappresentava una testimonianza forte e credibile[1].

Il sacerdote cercava anche di portare avanti in una cappella la cura pastorale delle anime. Organizzava le funzioni religiose e le confessioni, e durante la quaresima, dei ritiri. Senza dubbio fu lui a gettare le basi per un centro pastorale periferico, che successivamente divenne una parrocchia. Quando era ancora in buona salute e le forze glielo permettevano, cercava di partecipare alle solennità diocesane. Era presente ai vari incontri sacerdotali: ritiri, conferenze decanali, convegni per catechisti, simposi scientifici e persino incontri di amici. Cercava sempre di portare qualcosa di positivo. Era edificante per gli altri il suo atteggiamento di maturità sacerdotale, umiltà e semplicità. Si sentiva sempre responsabile per i presbiteri della diocesi, che in gran parte erano stati suoi allievi. Partecipava volentieri alle solennità e alle feste del seminario[2], e soprattutto appoggiava il seminario spiritualmente con la sua preghiera. Dava anche un sussidio materiale, specialmente ai seminaristi provenienti da famiglie povere, facendolo con una straordinaria delicatezza e discrezione[3]. Avendo sempre più tempo a disposizione, si dedicò ad approfondire l’idea della divina misericordia. Aveva raccolto molto materiale, aveva a disposizione gli elaborati già iniziati e le riflessioni del tutto nuove. Iniziò dunque  a scrivere con impegno. In effetti, preparò una serie di opere, tra le quali si considera la più importante (La Misericordia di Dio nelle sue opere) la pubblicazione in quattro volumi. Il primo volume fu pubblicato a Londra già nel 1959, e gli altri tre volumi negli anni 60            a Parigi, grazie all’aiuto di persone votate all’opera della divina misericordia, che abitavano nell’ovest europeo[4]. Quest’opera fu tradotta anche in lingua inglese. 

Una circostanza importante che stimolava l’impegno di Sopoćko fu il fatto che il culto della divina misericordia continuava a svilupparsi, mentre questa idea destava l’interesse dei teologi. Un altro stimolo e un incoraggiamento a lavorare per la missione della divina misericordia fu il processo informativo per la beatificazione di suor Faustina Kowalska iniziato nel 1965 dall’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyła[5]. Anche Sopoćko fu impegnato in questo processo come testimone. L’idea della divina misericordia e il relativo culto giunsero in molte nazioni del mondo (in De misericordia Dei. Deque eiusdem festo instituendo. Tractatus dogmaticus ac liturgicus e in Conosceremo Dio nella Sua misericordia) ma indubbiamente ebbero un ruolo di spicco, soprattutto agli inizi di questa missione[6]. 

Il sacerdote dedicò per questa missione quasi tutta la sua vita, dovette sopportare molti dispiaceri e soffrì molto a causa di essa. Raccomandava la divina misericordia come mezzo efficace per vincere le sventure del mondo moderno, le sue delusioni e i suoi scoraggiamenti, le sue debolezze e il suo avvilimento. Per poter guarire, il mondo deve tenere presente che, come usava dire: «Il vangelo non consiste nel predicare che i peccatori devono diventare buoni, bensì nel predicare che Dio è buono con i peccatori»[7]. Sopoćko arrivò ai bellissimi giubilei di 50’ e poi di 60’ anni di sacerdozio. Le celebrazioni di questi anniversari nel seminario divennero per i partecipanti un’esperienza molto commovente ed istruttiva[8].          

In quest’occasione numerosi candidati al sacerdozio udirono la testimonianza della sua vita sacerdotale, eccezionalmente ricca di molteplici attività e poterono conoscere il suo atteggiamento spirituale. In queste celebrazioni i più costruttivi erano i discorsi  del festeggiato stesso. Quel sacerdote, segnato dagli anni e dalle difficoltà della vita e anche da dolorose esperienze interiori, era giunto ormai alla fine della sua vita. Il suo discorso fu  il più conciso di tutti i discorsi pronunciati. L’anziano sacerdote espresse la profonda gratitudine a Dio per il dono del sacerdozio e poi confessò con grande umiltà che nella sua lunga vita sacerdotale non sempre era stato fedele ai compiti, che gli erano stati affidati   e che era suo sincero desiderio chiederne scusa a Dio. Chiedeva a tutti i presenti di pregare affinché Dio misericordioso gli perdonasse le sue infedeltà[9]. Molti partecipanti  a quella festa sentirono che essa era un grande premio morale e una ricompensa a questo venerabile e benemerito sacerdote, che aveva faticato tanto per l’opera di Dio, e soprattutto per la diffusione dell’idea della divina misericordia. Tuttavia l’unico segno di riconoscenza dei suoi meriti per la Chiesa e per l’arcidiocesi fu la nomina, soltanto verso la fine della sua vita, nel 1972, a canonico del Capitolo Metropolitano[10]. Il sacerdote, durante tutta la vita, era stato un uomo attivo, tutta la sua attività era fondata su solide basi spirituali. Quando diminuirono le forze fisiche e iniziò a essere cagionevole di salute, la vita spirituale prese sempre più spazio, diventando il terreno del suo impegno e servizio a Dio[11]. Le citazioni prese da varie letture, trascritte nel suo Diario, testimoniano il fatto che proprio in questo modo portava a compimento il suo ultimo ministero: 

 «Bisogna trattare la vecchiaia come la vocazione a un amore più grande verso Dio e verso il prossimo. Dio ha dei piani nuovi nei confronti degli anziani, vuole andare nel profondo dell’uomo attraverso la rivelazione della sua vita interiore faccia a faccia. L’unico atto efficace che siamo capaci di compiere  è la preghiera. In questa passività attiva tutto si sta preparando, tutto si decide, tutto si gioca. Il cielo sarà una recita del Padre Nostro»[12]. 

 Morì nella sua stanzetta in via Poleska, il 15 febbraio 1975[13]. Era una sera di sabato, il giorno di san Faustino, patrono di suor Faustina Kowalska. Il defunto rimase nella memoria del clero e dei fedeli come un sacerdote esemplare, che si era dedicato totalmente al servizio di Dio[14]. In breve sorse il desiderio di sottolineare in modo particolare la sua figura luminosa, per la maggiore gloria di Dio e per il bene dei fedeli[15]. Nel Diario di santa Faustina è scritta una promessa del Signore Gesù che riguarda il suo confessore, Sopoćko: «Nella sua corona ci saranno tante corone quante sono le anime che si salveranno tramite quest’opera. Io dò il premio per le sofferenze, non per il buon esito del lavoro»[16]. Il processo di beatificazione di Sopoćko nella fase diocesana fu terminato il 29 settembre 1993. Lo presenta come un esempio luminoso di vita sacerdotale e come un servitore ardente delle opere di Dio, particolarmente dell’opera della divina misericordia. 

Il processo di beatificazione è stato anche uno stimolo per avvicinare questa figura  a un maggior numero di fedeli, soprattutto ai devoti della divina misericordia.  Il 20 dicembre 2004, la Congregazione delle Cause dei Santi in Roma promulgava  il decreto che costatava l’eroicità delle virtù del Servo di Dio Sopoćko. Il 28 settembre 2008, in Polonia, 70 anni dopo la morte di santa Faustina, Sopoćko è stato proclamato beato. 

La vocazione primordiale del Nostro è quella teologica. Essa consiste nella promozione di una teologia e una cultura dai caratteri più incisivi, sia nel momento dell’applicazione, sia sul piano della formazione intellettuale del cristiano. 

Infine, Sopoćko opera anche in un’altra direzione, quella sistematica e quella spirituale, forse più significativa per la nostra ricerca, ciò che vedremo nel secondo capitolo.

prof. sac. Gregorio - Grzegorz Stanislaw Lydek


[1] Ibidem.
[2] Cf. ibidem, p. 60.
[3] Cf. S. Strzelecki, Ksiądz Michał Sopoćko jakiego znałem i pamiętam, Wydawnictwo Księży Marianów, Warszawa 2004, p. 144.
[4] Cf. H. Ciereszko, Il cammino di santità di Don Michele Sopoćko, p. 94.
[5] Cf. H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), pp. 537-539.
[6] Ibidem.
[7] S. Strzelecki, Ksiądz Michał Sopoćko jakiego znałem i pamiętam, p. 173.
[8] Cf. H. Ciereszko, Ksiadz Michał Sopoćko profesor, wychowawca i ojciec duchowny alumnów  i kapłanów, p. 73.
[9] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), p. 538.
[10] H. Ciereszko, Ksiadz Michał Sopoćko profesor, wychowawca i ojciec duchowny alumnów i kapłanów, p. 74.
[11] Cf. S. Strzelecki, Ksiądz Michał Sopoćko jakiego znałem i pamiętam, p. 191.
[12] Dz., q. I, p. 44.
[13] Qualche anno prima della sua morte, don Sopoćko scrisse nel suo Diario: «La fine della mia vita si sta avvicinando. Dovrei piuttosto pensare che la morte potrebbe cogliermi in ogni momento, piuttosto che convincermi che la mia vita sia ancora molto lunga. La volontà di Dio è la nostra pace!»: Dz., q. I, p. 31.
[14] Sono passati tanti anni dal giorno in cui don Sopoćko ha terminato la sua vita terrena, ma il suo ricordo  e i suoi insegnamenti non sono venuti meno, continuano a vivere nel cuore di coloro che l’hanno conosciuto  e attraverso le opere da lui stesso fondate, scritte e portate poi avanti dagli altri. Per avere un quadro più completo e lo sguardo più obiettivo emerge anche una piccola riflessione sul beato Michał Sopoćko da parte dei suoi amici e studenti, per poter conoscere meglio la persona e le caratteristiche del Nostro sacerdote. Don Grasewicz Józef ricordandosi del prof. Sopoćko scrisse: «Quando andai in seminario diocesano a Vilnius, don Sopoćko era il cappellano del seminario. Egli mi diede subito l’impressione di un asceta molto esigente, ma nello stesso tempo m’ispirò grande fiducia e lo scelsi come mio confessore. Mi confessai da lui per alcuni anni come del resto anche molti altri seminaristi. Seguivo i corsi delle materie che ci insegnava don Sopoćko: la catechesi e l’omiletica. Dopo le lezioni, si preoccupava per noi e ci aiutava nella parte pratica. Sceglieva             i temi, ci faceva preparare le lezioni nelle aule delle scuole medie e dopo da solo faceva la sintesi e invitava gli altri alla discussione. Don Sopoćko curava anche la parte sportiva invitando i suoi studenti al movimento. Quando diventai sacerdote nel 1935, ricevetti la nomina di vicario parrocchiale della chiesa del Sacro Cuore.  In seguito, l’arcivescovo mi affidò l’incarico di direttore del giornale settimanale diocesano chiamato  Il Nostro amico settimanale cattolico. Non so di preciso per quale motivo l’arcivescovo mi propose di abitare nella stessa casa con don Sopoćko. Ogni sera, don Sopoćko veniva nella mia stanza e mi leggeva un passo della Bibbia. In questo periodo don Sopoćko passava momenti molto difficili. A volte, lo sentivo dalla mia camera sospirare e dire sottovoce: Dio mio, Gesù mio. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, don Sopoćko mostrava grande preoccupazione»: J. Grasewicz, Wspomnienia o ks. Michale Sopoćce, XXIV, AKAB, Białystok 1984, p. 11.
[15] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), pp. 541-544. 
[16] F. Kowalska, Diario, p. 90.
[17] T. Powichrowski - K. Łapiński, Msza św. z rytem beatifikacji s. Bożego ks. Michała Sopoćki [La Santa Messa con rito di beatificazione del servo di Dio don Michele Sopoćko], KMB, Białystok  2008, p. 47.
[18] Benedictus xvi, La beatificazione del servo di Dio Michał Sopoćko, in Insegnamenti di Benedetto XVI - 2008, LEV, Città Del Vaticano 2009, p. 44.
[19] W. Wiecko - A. Domanowska - A. Supruniuk, Beatyfikacja ks. Michała Sopoćki, in “Gazeta”, Białystok 2008, pp. 3-7.