È dal 4 maggio 2023, quando il Presidente della Repubblica firmava il Decreto Legge n. 48, che sappiamo del reddito di cittadinanza che sarebbe stato sospeso a 169mila famiglie che ne stavano beneficiando dal 2019. Non a firma del Governo Meloni, ma un D.L. emesso dal Capo dello Stato.

Gli esclusi dal RdC sono i nuclei familiari privi di un componente un disabile, un minore o un anziano. Cioè dove non sussistono condizioni di 'fragilità' e/o esigenze di 'inclusione' specifiche.

La sospensione di oggi per 169mila famiglie arriva per effetto dell'Art. 13, quello delle "Disposizioni transitorie, finali e finanziarie", che al comma 4 precisava che:

  1. la misura del reddito di  cittadinanza è riconosciuta nel "limite massimo di sette mensilita";

  2. questo limite non si applica se, "prima della scadenza dei sette mesi", i percettori del RdC sono stati presi in  carico dai servizi sociali,  in  quanto non  attivabili  al  lavoro;

  3. i  servizi  sociali comunicano all'INPS, entro il 30 giugno 2023, "l'avvenuta  presa  in  carico, ai fini del prosieguo della percezione del reddito di cittadinanza  fino al 31 dicembre 2023".


Dunque, perché abbiamo 169mila famiglie che protestano? 
Sono o non sono 'attivabili al lavoro' secondo i Servizi Sociali?

E perché questi cittadini - diretti interessati - in vista della scadenza di giugno non si sono rivolti presso i Servizi Sociali per ottenere la presa in carico?
Perché protestare con l'Inps che nel RdC fu ridotto tecnicamente a uno sportello di cassa?

Soprattutto, sarà possibile che i Servizi Sociali smaltiscano 169mila fascicoli nell'arco di un mesetto, in modo che da garantire il RdC a chi non è attivabile al lavoro
E ci riusciranno quando dal 1 gennaio 2024 l'Assegno di Inclusione sarà vigente?

Detto questo, è bene sapere che il RdC va a terminare comunque alla fine del 2023, dato che il D.L. 48/23 lo sostituisce dal 1 gennaio prossimo con l'Assegno di inclusione.

Si tratta di un assegno mensile che integra il reddito  familiare fino alla soglia di euro 6.000  annui, ovvero di euro 7.560 annui se si tratta di over67.
Il D.L. 48/23 è una misura per le pari opportunità e contro le diseguaglianze. Altrimenti Mattarella non l'avrebbe emesso.

Inoltre, i primi 8 articoli non sono altro che una versione adeguatamente riveduta e corretta del RdC, cioè dettagliando parametri, controlli e sanzioni.

Finalmente, potrebbero dire in tanti... dopo furbate, inadempienze, escamotage, inefficienze, truffe e tutto quant'altro abbiamo sopportato in questi anni. 

Infine, a riprova che si tratta di 'pari opportunità' e non di 'sussidiarietà', gli articoli a seguire che il Decreto Legge dedica a:

  • la compatibilità tra Offerte di lavoro e l'Assegno di inclusione,

  • gli  Incentivi   ai  datori  di  lavoro  privati  che  assumono  i   beneficiari dell'Assegno di inclusione,

  • il Supporto per la  formazione e il lavoro,

  • i Progetti  di  formazione,  di   qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento  al  lavoro  e  di politiche attive del lavoro.

Tutt'altra cosa - in termini di diritti - rispetto al decreto voluto dal ministro Di Maio e approvato dal Governo Conte, che congelava in una condizione sussidiaria chi otteneva il RdC.

Tutt'altra cosa anche come programmazione, se il ministero ha già messo in linea le webinar per formare gli operatori su parametri, criteri e modalità dell'Assegno di Inclusione. (link)