«Signori, quello che io compio oggi, in questa Aula, è un atto di formale deferenza verso di voi e per il quale non vi chiedo nessun attestato di speciale riconoscenza. Io affermo che la rivoluzione ha i suoi diritti. Aggiungo, perché ognuno lo sappia, che io sono qui per difendere e potenziare al massimo grado la rivoluzione delle camicie nere, inserendola intimamente come forza di sviluppo, di progresso e di equilibrio nella storia della Nazione».

Questo, il 16 novembre 1922, fu l'inizio del primo discorso  alla Camera dei deputati di  Benito Mussolini, in veste di Presidente del Consiglio. 100 anni dopo, l'incipit del suo erede è stato diametralmente opposto. Inoltre, Giorgia Meloni non indossava neppure redingote e ghette...

«Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io sono intervenuta molte volte in quest'Aula, da deputato, da Vicepresidente della Camera, da Ministro della Gioventù; eppure, la solennità è tale che credo di non essere mai riuscita a intervenire senza che in me ci fosse un sentimento di emozione e di profondo rispetto. Vale ovviamente a maggior ragione oggi, che mi rivolgo a voi in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri per chiedervi di esprimervi sulla fiducia a un Governo da me guidato. Una grande responsabilità per chi quella fiducia deve ottenerla e meritarsela e una grande responsabilità per chi quella fiducia deve concederla o negarla. Sono i momenti fondamentali della nostra democrazia, ai quali non dobbiamo mai assuefarci. Per questo io voglio ringraziare, da subito, chi si esprimerà in quest'Aula secondo le proprie convinzioni, qualsiasi sia la scelta che farà».

Come si vede il primo discorso in Parlamento di Giorgia Meloni non ha nulla a che vedere con il discorso del bivacco. E allora, perché citarlo? Perché Giorgia Meloni è nata, politicamente, fascista e quando è stata eletta per la prima volta alla Camera, oramai più di 15 anni fa, dichiarava - con piglio deciso - che Benito Mussolini era il suo politico di riferimento... Più fascista di così! 

Adesso pretende di non esserlo più, ma curiosamente non vuole neppure esser definita antifascista... e se tali affermazioni non fossero già abbastanza confusionarie, che dire allora di quello che lei ha detto oggi all'inizio del suo discorso di replica, rispondendo ai rilievi elencati dai partiti di opposizione?

«Non ho cambiato idea su niente signori!»

E meno male... altrimenti chissà che cos'altro avrebbe potuto dire!

Dopo la collocazione identitaria del presidente Giorgia Meloni, non possiamo non parlare di quella programmatica, espressa nel suo intervento. L'aspetto singolare, però, è che non possibile sapere quale sia il programma del governo Meloni. Ovviamente, nessuno poteva pretendere che lei, punto per punto, snocciolasse le norme di tutti gli interventi legislativi che vorrà mettere in atto durante il suo governo. Però, ripetere i temi della campagna elettorale, tra l'altro - in alcuni casi - edulcorati o rivisti come la flat tax (almeno dal brevissimo accenno da lei fatto), non è certo un discorso programmatico.

Un piccolo esempio. Rispetto a 4 anni fa, il presidente che non cambia mai idea, adesso si è scoperto convinta europeista e dice di voler rispettare punto per punto le regole che in precedenza, in un disegno di legge da lei presentato all'inizio della scorsa legislatura, diceva di voler abrogare. Ancora una volta, evviva la coerenza. Ma a parte questo il presidente Giorgia si è dimenticata di far sapere con quale Europa voglia dialogare. Non un particolare di poco conto, visto che, ad esempio, Polonia e Ungheria sono due pseudo democrazie dove diritti civili e norme democratiche sono state messe da parte.

Poi è tornata a ribadire che bisogna favorire lo sviluppo del lavoro e non l'assistenza, dando la possibilità alle aziende di fare un po' quel che credono. Così il presidente Meloni ha parlato di sgravi fiscali e burocratici che riguardano le imprese, nelle speranza che, in base al loro buon cuore, possano poi utilizzare i loro maggior utili assumendo più personale. Peccato, però, che si sia dimenticata di parlare, ad esempio, anche di salario minimo che, viste le buste paga italiane, non è un aspetto secondario e irrilevante in relazione al lavoro.

E del caro bollette? Quali i provvedimenti del governo? Buio assoluto. Della prima urgenza del Paese, il presidente Meloni si è dimenticato di farci sapere quello che vuole fare.

Un altro esempio della mancanza di concretezza della patriota Meloni... l'immigrazione. Ha detto che il problema va risolto, coinvolgendo l'Europa, installando degli hotspot sulle coste del nord Africa e da lì gestire le richieste di asilo, in modo da evitare il traffico gestito dagli scafisti nel Mediterraneo centrale. Benissimo. Una proposta che però non sembra tener conto che per la sua attuazione bisogna prima risolvere problematiche di natura politica non banalissime con Tunisia, Algeria, Marocco ed Egitto. Invece, per quanto riguarda la Libia, le problematiche da risolvere, prima che politiche, sono di natura militare. Infatti, oltre a dover sconfiggere le numerose milizie presenti nell'area che fanno capo ad altrettante tribù, ci sono pure gli interessi (anche militari) di Turchia, Russia e Stati Uniti, con gli ultimi due stati che operano con milizie private, di cui tener conto. Come si può capire, mettere in atto il piano del presidente Meloni, appare alquanto complicato... forse  tra una ventina d'anni... chissà! Ma nel frattempo? Anche in questo caso, che cosa voglia fare nel frattempo, il presidente si è dimenticato di dirlo.

Più che un discorso programmatico quello di Meloni è stato un discorso amnesico. Ma non è certo un aspetto di cui si saranno resi conto i suoi elettori che, abituati a credere e, soprattutto ad obbedire (sul combattere ho qualche dubbio), non stanno certo a perdersi in queste quisquilie per loro così di poco conto.