Ricordate Steve Bannon? È stato tra i principali artefici della vittoria di Donald Trump alle presidenziali del 2016 grazie alla campagna "America First", per poi diffondere il verbo del sovranismo in giro per il mondo, Italia compresa. In passato era stata un'entusiasta Giorgia Meloni a spiegarci che Bannon stava creando una rete di movimenti che condividono le sue stesse idee e la difesa di valori come l'identità nazionale, la famiglia, la tradizione. Anche FdI intendeva farne parte, pur rimanendo sempre e soltanto filo italiana.

Bannon, grazie ai suoi "valori", è diventato anche un punto di riferimento per il mondo cattolico ultra-conservatore, tessendo una rete di rapporti e amicizie con importanti prelati della curia romana, tanto da riuscire persino ad ottenere la disponibilità della Certosa di Trisulti, in provincia di Frosinone, come sede per la sua "Scuola dei gladiatori del populismo e del nazionalismo".

Ma perché parlare di Steve Bannon? Perché è stato arrestato negli Stati Uniti per una truffa legata ad una raccolta fondi per la costruzione del famoso muro al confine tra Stati Uniti e Messico.

Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Bannon, insieme ad altre tre persone, avrebbe frodato centinaia di migliaia di donatori con la campagna titolata "We Build the Wall", con cui sono stati finora raccolti 25 milioni di dollari.

Di quei fondi, Bannon avrebbe intascato indebitamente più di 1 milione di dollari, utilizzati a scopo personale.

Come ha spiegato il procuratore degli Stati Uniti ad interim del distretto meridionale di New York, Audrey Strauss, Steve Bannon, Brian Kolfage, Andrew Badolato e Timothy Shea hanno truffato centinaia di migliaia di americani, facendo credere che il denaro raccolto tramite la campagna "We Build the Wall" avrebbe contribuito a finanziare la costruzione del muro al confine con il Messico.

I soldi, però, tramite false fatture e artifici contabili, sono finiti nella disponibilità personale dei promotori della campagna, nonostante sostenessero pubblicamente che sarebbero stati destinati per intero alla realizzazione del muro.

Tutti e quattro gli imputati sono accusati di frode telematica e riciclaggio di denaro, reati per i quali la legge americana prevede una condanna fino a 20 anni di carcere.

Le presidenziali 2016, finora, hanno portato bene a Trump, ma non ai suoi collaboratori. Bannon è il sesto ex-collaboratore di Donald Trump a doversi difendere da reati di carattere penale, dopo l'ex presidente del comitato elettorale Paul Manafort, il lobbista Roger Stone, l'avvocato Michael Cohen, l'ex-vice direttore del comitato elettorale Rick Gates e l'ex-consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn.