La manifestazione del 3 settembre a Praga, che ha visto sfilare contro l’inflazione e le sanzioni anti-russe 70mila persone, ha ispirato le dimostrazioni che si sono tenute la scorsa settimana in Germania e in Austria.

La partecipazione è stata minore ma distribuita fra diverse città tedesche: erano in totale alcune migliaia ad essere scesi in piazza a Lipsia, a Colonia, a Magdeburgo e a Wittenberg, dove hanno sfilato anche gli agricoltori sui loro trattori.

Infine domenica scorsa si sono avute due dimostrazioni anche a Vienna, nella quale hanno marciato sia gli esponenti della destra identitaria sia il partito comunista austriaco.

Il leitmotiv di tutte le proteste è stata l’insoddisfazione e la rabbia contro i propri governi, accusati di non fare abbastanza o di fare le cose sbagliate anzitutto in materia sociale ed economia.

I cittadini di tutta Europa sono ormai pressati da un’inflazione altissima, dal costo di elettricità e alimentari che si accinge a diventare insostenibile per molte famiglie. Una delle ragioni della protesta mitteleuropea è anche di carattere geopolitico: i cittadini sono stanchi dell’appoggio incondizionato all’Ucraina e vorrebbe un ripensamento delle posizioni europee rispetto al conflitto, un secco “no” al coinvolgimento militare e l’annullamento delle sanzioni contro la Russia, e persino l’apertura del Nord Stream 2 (costruito proprio con il determinato contributo di Berlino).

La rabbia sociale, che da strisciante sta cominciando a diventare esplicita, spaventa alcuni politici che hanno messo in guardia dalle possibili conseguenze: il ministro della Giustizia della Repubblica Ceca Pavel Blažek ha parlato di una caduta del governo e persino di rivolte popolari, così come già alcune settimane fa aveva  detto la ministra degli Esteri Annalena Baerbock.

Il premier ceco Petr Fiala, invece, derubrica i 70mila di Praga a vittime della propaganda russa, cittadini disinformati che vanno contro gli interessi del loro Paese.