Dobbiamo tornare sulla Basilicata, ex Lucania, ex Cristo si è fermato a Eboli,  la regione di Pitagora,  Orazio, Leonardo Sinisgalli, Rocco Scotellaro, Pasquale Festa Campanile, Mango, al limite Rocco Papaleo, da cui provengono anche tanti personaggi famosi nati altrove, di cui si confonde spesso l’origine.

La regione è poco citata nel panorama nazionale, eppure non è così piccola, più grande di Umbria, Liguria, Friuli, per esempio, con sbocchi su due mari. Da sempre  poco popolosa, a causa delle emigrazioni, è considerata una sorta di enclave del sud, un’oasi di tranquillità, ma non bisogna farsi ingannare. Lo era un tempo, è cambiata da parecchio.

Malavita e malaffare non entrano più ad armi spianate o a suon di uomini in coppola, bensì penetrano attraverso moderni canali  cui non è sfuggito nessuno. Così è che in questo territorio sonnacchioso, sia pur con sacche di eccellenza, per esempio in qualche punto ospedaliero ( quando dal nord vi capitò qualcuno senza ricevere certo calorose accoglienze), al tradizionale mood meridionale di rassegnazione sarcastica, si è aggiunta l’omertà importata, e nulla è più stato come prima.

Partiamo da Policoro, provincia di Matera ( legata al capoluogo potentino solo da un gelido odio), ridente paese del fertile metapontino (dove in un felice periodo la coltivazione dei pompelmi concorreva con l’esportazione estera), tre chilometri dallo Ionio. E’ il 23 marzo  1988 e due giovani  fidanzati si imboscano nella casa di lui, in quel momento vuota. Si tratta di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, circa ventenni entrambi, studenti fuori sede, tornati a casa per brevi vacanze. La coppia giace nella stanza da bagno, in posture e disposizioni strane, e il caso verrà trattato in modo disinvolto, come morte accidentale per fuga di gas o scariche elettriche, visto che lì era posizionato uno scaldabagno, ma: fisso o portatile? Questa è solo una delle tante domande rimaste senza risposta. Nomi eccellenti girano per questa vicenda: dal PM Luigi de Magistris, ora sindaco di Napoli, all’anatomopatologo professor Francesco Introna, uso alle polemiche da quando periziò alcune vittime del “mostro” di Firenze. Sotto accusa da parte della mamma di Luca, la combattiva Olimpia e dei suoi periti, finì tutto: tra l’altro, la devastazione del luogo del ritrovamento, l’utilizzo di un fotografo di passaggio per le immagini delle salme, e l’autopsia. Le famiglie dei due innamorati si scompattarono già all’inizio, secondo alcuni per un motivo a cui i lucani sono molto sensibili, la reputazione della ragazza. Nella fattispecie, però, c’era ben altro che un incontro romantico, in ballo; si parlò di festini, droga, balletti, insomma il solito retroterra del sud bacchettone e ipocrita, che abbiamo spesso ascoltato nei decenni passati: ma poi così passati? Il fascicolo è stato archiviato nel 2013.

Arriviamo al fatidico settembre 1993, quando una sedicenne dall’aria timida e paciosa (almeno a giudicare dalle foto), Elisa Claps, scompare dopo la Messa nella centralissima chiesa della Santissima Trinità, nel bel mezzo della strada dello struscio, quella via Pretoria in seguito disertata a favore di nuovi quartieri, ma al tempo ancora piuttosto “in”. Sappiamo tutti che all’inizio si parlò di fuga con un moroso in terra d’Albania, prima che fosse stanato il figlio di un alto dirigente statale siciliano, l’allora ventunenne Danilo Restivo, e blandamente processato, nonché condannato per falsa testimonianza; e ricordiamo anche che il corpo della giovinetta verrà trovato solo nel 2010, nel sottotetto della basilica, dando la stura a una serie di notizie ben conosciute, ma fino ad allora taciute. La famiglia Claps, peraltro religiosissima, si scaglierà contro il clero locale, vice parroco in testa ( ricordiamoci di lui). Il papà non è mai comparso in video: secondo i “rumours” cittadini, per il disdoro dovuto al fatto che la figlia aveva pur sempre accettato di isolarsi con un ragazzo (prima dietro l’altare, poi all’ultimo piano…)

La pubblica opinione potentina non è mai stata particolarmente solidale con i Claps, perlopiù sposando, per anni, la tesi che il corpo dell’adolescente fosse stato sepolto sotto le scale mobili in costruzione ( Potenza è una città a picco), dopo un qualche battibecco amical/amoroso, non si capiva bene con chi avvenuto. Il resto è noto.

Saltiamo al 12 marzo 2001. La trentacinquenne Anna Esposito, da Cava dei Tirreni, separata, due figlie, è una grintosa dirigente di Polizia, della DIGOS, nel capoluogo lucano. Di ritorno da una visita ai genitori ( anche qui, curiosamente, la mamma si chiama Olimpia) la poliziotta torna a casa, ma nessuno la vedrà più. Verrà ritrovata dai colleghi il giorno dopo, con una cintura intorno al collo a mo’ di cappio, legata a una maniglia, lei semiseduta. L’ambiente viene devastato dal calpestio, la cinghia subito rimossa ( chi lo fece asserì che Anna poteva essere ancora salvata, i genitori di lei ribattono che il corpo era freddo e si sarebbe dovuto capire che era morta, senza alterare possibili prove di un omicidio).

E’ un pastiche irrimediabile, che porterà ad altri sconcertanti scoperte e ulteriori interrogativi, proposti dai media più che dagli inquirenti:

a stimolare una ripresa delle indagini, peraltro in modo ambiguo, fu un sacerdote, lo stesso vice parroco della vicenda Claps;

la Esposito stava indagando sul crimine organizzato e altri delitti irrisolti del posto, pertanto avrebbe dovuto incontrare, di lì a poco, Gildo Claps, fratello di Elisa, comparso spesso a “Chi l’ha visto?”;

fu indagato un giornalista, amante prima fisso poi occasionale, della donna, poi prosciolto;

l’osso cricoide è spezzato, il che sarebbe risultato di un’azione esterna, non di autoimpiccagione;

lei non aveva alcuna ragione per suicidarsi.

Ci sarebbe poi qualche domanda tutta nostra. In casa – un appartamentino in caserma -   fu trovata una “mise” da sera in quanto, ci dicono, Anna stava per recarsi a una festa a Matera. Ci pare strano che, dopo una giornata fuori, Anna avesse ancora voglia di andarsene a spasso in notturna, a cento chilometri e più di distanza, ma passi; ci chiediamo, invece: sono stati sentiti coloro che avrebbero offerto il ricevimento? I tabulati, dove sono?

Perché si è parlato così poco di questo caso, mentre in altri, forse meno controversi, i media hanno inzuppato il pane per anni? Archiviazione pure qui.

Più in generale: che ruolo riveste, nello scacchiere, don Marcello Cozzi, religioso potentino, leader della locale associazione “Libera”? Egli fu dapprima nominato portavoce della Curia come controparte dei Claps (cfr, sempre “Chi l’ha visto?”), ma tornò prete “sociale” quando tenne tra le braccia mamma Filomena ai funerali di Elisa e sollecitò nuove indagini nell’affaire Esposito.

Queste sono solo tre storie sulla nebbiosa società lucana, i suoi silenzi, i suoi ammiccamenti, le sue mezze verità.