"In questi giorni che seguono l’elezione o meglio la RI-elezione del Presidente della Repubblica si avverte la necessità da più parti di aprire una riflessione politica all’interno del M5S. Anch’io ritengo doveroso uno sforzo di analisi non solo perché una pagina importante della vita istituzionale del Paese si è conclusa con il mantenimento dello status quo, ma più in generale perché sembra prevalere un senso di apatia e ignavia politica che può rallegrare taluni ma rischia di distrugge le speranze di cittadini ed elettori.Più che di conservazione gattopardesca dovremmo forse parlare dell'illusione di congelare la realtà mentre nei fatti si rinuncia semplicemente a governare il futuro rassegnandoci a subirlo.Anche evitare scenari peggiori, come spesso sentiamo ripetere, non può certamente essere un obiettivo o un motivo di vanto per una forza politica come la nostra che nasce con una promessa di cambiamento e che ha la maggioranza relativa in Parlamento. Lo stesso governo Draghi rappresenta un Paese che di fronte alla possibilità di impostare il proprio futuro grazie ai fondi del Pnrr si affida a un tecnico che per quanto autorevole, non è espressione di nessuna proposta o visione politica. La pandemia aveva imposto la prevalenza del senso di responsabilità rispetto ad ogni considerazione, ma ora agli occhi dei cittadini questa responsabilità appare sempre di più come una copertura alla paura di perdere la poltrona. Questa percezione è troppo radicale per non creare una crescente sfiducia sociale verso i partiti, che poi è la stessa sfiducia da cui è nato il M5S e che ora proprio su questo terreno rischia di scomparire..."
A rilasciare tale dichiarazione è, pensate un po', Riccardo Fraccaro, deputato 5 Stelle, ex sottosegretario alla presidenza del consiglio del governo Conte II e probo viro all'interno del movimento così come lo ha rifondato Conte.
Prima delle elezioni del presidente della Repubblica era andato a trattare pacchetti di voti pentastellati con Matteo Salvini per far eleggere Giulio Tremonti al Quirinale.
Da capire, adesso, se quella di Fraccaro sia una nuova corrente o appartenga a quella di Luigi Di Maio che, un minuto dopo l'elezione di Mattarella, si è messo a sparare ad alzo zero su Conte, che del Movimento è presidente e guida, parlando di verifiche imprescindibili e non più rimandabili, in rappresentanza sì a nome di una parte dei 5 Stelle dei gruppi di Camera e Senato, ma probabilmente di una esigua minoranza di elettori e iscritti.
Una fonte 5 Stelle all'interno del movimento (riportata dall'agenzia Dire) dà per certo che Conte e Di Maio non faranno parte in futuro dello stesso partito, specialmente dopo le parole dell'ex premier al Fatto Quotidiano: "Di Maio dovrà rendere conto di diverse condotte".
"Il fatto è – continua la fonte grillina – che noi sappiamo che Di Maio già naviga... già ha fatto accordi per un’altra prospettiva politica. Conte vuol ricreare un Movimento che guarda sì al Pd, ma autonomo nelle scelte, Di Maio... guardate tutti gli attestati di stima che gli sono arrivati da Forza Italia e Italia Viva... guarda alla costruzione del grande centro con Toti-Brugnaro, Calenda-Renzi e pezzi di Forza Italia, che dopo le elezioni politiche stringerà l’accordo più conveniente con il possibile vincitore".
Il futuro dei 5 Stelle di Conte? Quello di un Movimento che guarda sì ai Dem ma pronto a scelte radicali, anche in competizione con il Partito democratico.
"Su questo si sta lavorando per stringere un accordo con Di Battista, per riportarlo con noi", in modo da farlo diventare l'alter ego di Di Maio.
Se Atene piange, Sparta non ride. Anche nel centro destra l'alleanza è ormai in frantumi con Berlusconi che guarda al centro, anzi adesso si definisce forza di centro, la Meloni che si dipinge dura e pura come la Pulzella d'Orléans, accusando i suoi ex alleati di essere dei voltagabbana e Salvini, rimasto solo, che si vuol riciclare reinventandosi fondatore di un partito repubblicano all'americana (niente a che vedere con il PRI nostrano!) che ha trovato in Coraggio Italia, i centristi di Toti, il responsabile del caos che si è creato nella ex coalizione a seguito dell'elezione del presidente della Repubblica, minacciando, neanche tanto velatamente, di mettere a rischio la stabilità della Giunta regionale della Liguria.
Come si può capire, la tanto propagandata stabilità del Paese motivata dalla permanenza di Draghi a Palazzo Chigi e di Mattarella al Colle è invece divenuta il segnale di partenza che ha dato il via ai giochi per le prossime politiche che, in base all'aria che tirava nell'ultimo CdM, è probabile che si terranno prima della scadenza della legislatura... piaccia o non piaccia ai peones che nel prossimo Parlamento non avranno più una poltrona su cui sedere.