La Cei contro la legge per combattere trans e omofobia, ma i vescovi italiani non sono soli
“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva.Le discriminazioni – comprese quelle basate sull'orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell'ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l'urgenza di nuove disposizioni.Anzi, un'eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione, come insegna l'esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l'esercizio di critica e di dissenso.Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l'impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto.Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.
Questo è quanto la Cei, cioè la conferenza che riunisce i vescovi italiani, ha scritto oggi in relazione alle proposte di legge 107, 569, 868, 2155, 2255 in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere in corso di esame alla Commissione Giustizia della Camera.
Per i vescovi le attuali norme esistenti in Italia sono più che sufficienti e sul tema non si riscontra alcun vuoto normativo, tanto meno lacune che giustifichino l'urgenza di nuove disposizioni.
L'ironia, però, è che la legge presentata da Zan e Scalfarotto non piace neppure alle associazioni omosessuali, perché, dal punto di vista pratico, non sarebbe in grado di risolvere alcune problematiche che per il mondo gay sono ritenute fondamentali.