L’esito della guerra tra Armenia e Azerbaigian era già scritto da tempo. La disparità delle forze in campo aveva già dato alla nazione azera la certezza della vittoria finale. L’appoggio avuto dalla Turchia del califfo Erdogan non lasciava speranza alcuna che la situazione potesse avere un epilogo diverso.

Adesso l’Armenia è stata costretta alla firma di un accordo che, sancendone la sconfitta sul campo, di fatto toglie ogni minima possibilità al Nagorno Karabakh di continuare ad esistere come nazione.

Dopo oltre un mese e mezzo di combattimenti, la piccola e coraggiosa Armenia, scesa in campo a sostegno delle legittime rivendicazioni del Nagorno, è stata costretta a deporre le armi, schiacciata dall’incredibile forza azera supportata militarmente dalla Turchia.

Il Nagorno Karabakh, ricordiamolo, è una nazione preesistente la costituzione dell’URSS, e che la politica centralista comunista di Stalin aveva inglobato nell’Azerbaigian, status che il Nagorno non aveva mai accettato, contestandolo, anzi, fino a giungere all’uso delle armi per rivendicare la propria indipendenza. Già nel 1994 il Nagorno aveva dichiarato la propria indipendenza cambiando il nome in Repubblica Artsakh. Da allora si sono succedute continue scaramucce tra le due Nazioni contrapposte.

A sostegno delle legittime pretese del Nagorno era intervenuta l’Armenia, nazione che, come il Nagorno, è a maggioranza cristiana, mentre a sostegno dell’Azerbaigian si è schierata la Turchia.

Contrariamente a quanto può sembrare, quella tra armeni e azeri non è una guerra territoriale, ma, per le implicazioni e gli interessi che muove, può e deve essere considerata una guerra strategica. In virtù di queste considerazioni ci si aspettava che l’Occidente intervenisse con il peso della propria diplomazia per dirimere una situazione che ne compromette gli interessi economici, politici, strategici.

Invece, si è fatto orecchie da mercante, si è lasciato che un despota come Erdogan assumesse un ruolo determinante nell’area, che contribuisse a schiacciare l’Armenia e a disperdere le aspettative d’indipendenza di una nazione come il Nagorno Karabakh. A fare il paio con l’atteggiamento agnostico dell’Occidente si è registrato il comportamento ambiguo della Russia, la quale, da sempre amica della Cristiana Armenia, ha nell’occasione assunto una posizione neutrale.

Alla fine, la stremata Armenia ha dovuto accettare un accordo che, di fatto, sancisce la vittoria delle forze azere. Il trattato, infatti, prevede che l’Azerbaigian mantenga il controllo delle aree conquistate in questi giorni di lotta, mentre l’Armenia deve ritirarsi dai distretti azeri occupati.
La firma del trattato ha permesso al presidente azero Ilham Alyev di parlare di travolgente vittoria.

Non possiamo che rammaricarci per l’epilogo della guerra, per diversi importanti motivi. Per aver ancora una volta visto il diritto internazionale calpestato dalla protervia e dall’arroganza; per aver visto una nazione cristiana soccombere all’orda islamica; per aver dovuto costatare che l’Occidente è sempre più vittima di se stesso, delle sue contraddizioni, ed è assolutamente incapace di difendere i propri vitali interessi.


Mario Settineri
Membro Segreteria Nazionale MSFT